Una lingua comune per la contemporaneità
L'arte è di moda ed è, anche, moda. Negli ultimi dieci anni in Europa sono stati fondati oltre 250 musei o centri d'arte, in edifici costosi, a volte vistosi, che raccontano ambizioni politiche, culturali, urbanistiche che sfiorano l'utopia e talvolta si traducono in delusioni. L'arte è 'sovraesposta': è indicata da molti come rimedio taumaturgico per la vasta gamma delle de-moralizzazioni contemporanee, benzina per la stagnazione economica, balsamo per il disagio sociale, incentivo cognitivo, simbolo e tratto di un'economia nella quale si fondono quasi magicamente ricchezza bellezza e, in fondo, anche bontà.
Contemporaneamente l'arte è per lo più conosciuta in modo molto superficiale, è trattata come un lusso, o un'occasione mondana, è usata in modo cinico e strumentale, come belletto per gli spietati registri della competizione sociale e della dominanza. Non si tratta di vivere con atteggiamento censorio o moralistico questa contraddizione: la trasformazione essenziale dell'arte in prodotto e merce è un tratto problematico della modernità e ci accompagna dai tempi in cui essa è venuta alla luce nella società europea. È però importante interrogarsi apertamente sullo strano modo in cui un'attività 'antica', rischiosa sul piano personale, ostica nelle sue espressioni, scabra e a volte anche ingrata con chi vi si dedica, portatrice di una conoscenza eterogenea rispetto a quella calcolante e scientifica, abbia conosciuto una simile trasformazione nell'immaginario collettivo. È importante perché le arti cambiano, si trasformano, possono anche decadere, e quando questo accade in genere è il segnale di un processo che coinvolge una società nel suo complesso. Le scienze sociali possono svolgere un ruolo importante nel riconoscere, concettualizzare, rappresentare questo processo e impostare i registri che danno vita alle politiche e alle istituzioni artistiche. Non è però una possibilità scontata, anzi richiede la paziente costruzione di un terreno di ricerca condiviso. Le discipline non hanno certo una struttura monolitica e in molti casi (economia, sociologia, antropologia) il confronto con il tema dell'arte ha accompagnato tutta la loro storia intellettuale generando soluzioni e impostazioni molto differenziate.Nello stesso tempo la complessità dell'atto creativo e la progressiva strutturazione di paradigmi dominanti hanno condotto ad un certo 'riduzionismo' nella considerazione del tema e anche una sua relativa marginalizzazione. Per questo motivo è stato avviato dal centro Ask Bocconi un ampio percorso di confronto sul tema "Arts and social sciences", coinvolgendo geografi, studiosi di urban studies, sociologi, economisti, storici economici, storici dell'arte, dell'architettura, della musica, e articolato attorno al problema di determinare un terreno di intesa attorno a domande quali: Come cambiano le arti? Cosa determina la loro trasformazione? Quali sono le condizioni per il loro sviluppo o la loro possibile decadenza? La linea di tensione centrale che si è registrata riguarda il problema di pensare la 'differenza' dell'arte rispetto ad altre forme di produzione e scambio. Una differenza che nelle prospettive più tipiche delle scienze sociali tende a essere sfumata o addirittura negata, mentre negli studi critici specifici è fortemente enfatizzata.
Non si tratta semplicemente di una distinzione che rimanda alla soggettività della percezione. Al contrario la domanda sullo 'specifico' dell'arte potrebbe aiutare ad uscire dalla soggettività e forse anche migrare dai vincoli paradigmatici delle varie discipline, per convergere ad una ricerca mirata ad assegnare una lingua comune allo studio della contemporaneità.