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Un manager in cucina per capire il mercato

, di Angela Amodio - SDA assistant professor di strategia e imprenditorialita'
La crisi spinge a mangiare meno fuori casa, ma il settore ha saputo resistere ed evidenzia nuovi modelli di business

La rivista britannica Restaurant ha recentemente reso nota la classifica dei 50 ristoranti migliori del mondo nel 2014. Sebbene ad averli visitati e a conoscerne lo stile e i menu sia una fetta decisamente poco consistente della popolazione mondiale e composta soprattutto da operatori di settore, appassionati e clienti disposti e abituati a pagare conti molto salati, la notizia ha riscosso un discreto interesse. C'è da aspettarsi che i soli tre ristoranti italiani nel ranking – Osteria Francescana a Modena (terzo posto), Piazza Duomo ad Alba (39simo posto) e Le Calandre a Rubano (46simo posto) – beneficeranno di un favorevole passaparola e saranno meta di curiosi esploratori delle loro cucine.

Già da qualche anno l'intero comparto della ristorazione sta cavalcando la scia di un rinnovato entusiasmo che tende a coinvolgere e a stimolare sia la domanda, attuale e potenziale, sia l'offerta, intesa come un numero sempre crescente di manager e di imprenditori che decidono di avviare attività legate alla preparazione e all'offerta di food and beverage. Secondo le statistiche Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), il numero dei ristoranti in Italia è aumentato del 2,5% nel corso del 2013: un dato indicativo di una crescita che è degna di nota e che ha portato alla presenza oggi nel nostro paese di oltre 285.000 operatori. Allo stesso tempo, però, la contrazione della spesa destinata al consumo di cibo out-of-home è, nonostante i recenti segnali di ripresa, tra gli effetti più naturali e tangibili della crisi economica. Ne deriva, quindi, per le imprese che operano in questo settore uno scenario competitivo favorito da un effetto food passion ma al contempo ostile, in cui sono richiesti un acume imprenditoriale e una capacità di pianificazione strategica e operativa che nulla hanno da invidiare a una vera e propria azienda.Diviene importante saper leggere i segnali che arrivano dal mercato e riuscire a identificare opportunità reali che vanno implementate rispondendo alle specifiche richieste del target di clientela identificato. In tal senso, importare nelle nostre città concept che rivendicano un successo d'oltreoceano o decidere piuttosto di partire da quello che "si è bravi a fare" sono due approcci che possono funzionare solo se il modello di business è pensato e adattato nelle sue diverse articolazioni al contesto competitivo, alla realtà locale, alle abitudini e alla cultura di consumo.Nello scenario attuale emergono alcuni casi contraddistinti dalla scelta di affermarsi come specialisti nella preparazione di una determinata pietanza. Questo posizionamento mono-prodotto contribuisce ad accrescere la riconoscibilità del ristorante ed è spesso supportato dalla decisione di essere multi-canale, ovvero di sfruttare la relativa semplicità dei processi che è data dalla focalizzazione per arricchire il servizio con il take-away e l'home-delivery. Le realtà già consolidate, invece, soprattutto se in catena, devono spesso fare i conti con la necessità di rilanciare le proprie identità e i propri prodotto e talvolta lo fanno attraverso collaborazioni con chef famosi che firmano alcuni dei loro piatti. Basti pensare alla serie degli hamburger concepiti qualche anno fa da Gualtiero Marchesi per McDonald's oppure al recente panino pensato da Claudio Sadler per Panino Giusto. Far parlare di sé e attrarre i nuovi appassionati della cucina d'alta gamma sono tra gli obiettivi più comuni di queste iniziative di masstige nel food and beverage.Grande fermento e intensità concorrenziale crescente sono, quindi, i tratti emergenti all'interno del comparto della ristorazione italiana. La ricetta del successo va preparata applicando solide e autentiche competenze di cucina e prevede alcuni ingredienti chiave quali saper rispondere ai bisogni della clientela, progettare, anche architettonicamente, concept che siano coerenti con il posizionamento strategico voluto e costruito e guardare al servizio come leva competitiva di valore.