Un freno al forum shopping negli Usa
Il diritto dei mercati finanziari statunitense tutela in modo incisivo gli investitori che subiscono un danno dalla diffusione di informazioni incomplete o non corrette. Non vi è quindi da stupirsi se i tribunali americani attraggono attori in cerca di un foro favorevole. Ne è risultato un 'forum shopping' che ha visto proliferare azioni di risarcimento promosse negli Usa da soggetti stranieri. Alcuni casi hanno avuto grande risonanza, anche per la visibilità delle società citate in giudizio: da Daimler-Benz a Parmalat, da Vivendi a Bayer. Particolare attenzione hanno ricevuto le 'foreign cubed litigations', contenziosi 'stranieri al cubo' poiché presentano tre elementi di extraterritorialità: investitori stranieri citano in giudizio un emittente straniero per i danni subiti a seguito dell'acquisto di strumenti finanziari su mercati esteri.
Quali sono gli elementi di collegamento con gli Usa che giustificano il radicamento della controversia in questo paese? Dagli anni Sessanta, i giudici americani hanno adottato un approccio espansivo che afferma la giurisdizione sulla base dei cosiddetti 'effects test' e 'conduct test'. Il primo si fonda sulla circostanza che la diffusione di informazioni non corrette ha avuto conseguenze nei mercati americani. In base al conduct test, la giurisdizione è stata però riconosciuta anche sulla scorta di sole condotte illecite, seppur di una certa importanza, poste in essere nel territorio americano (è il caso di notizie false fornite a investitori stranieri nel corso di una riunione fisicamente tenuta negli Stati Uniti). La ratio è di evitare che gli Usa diventino rifugio della pirateria finanziaria internazionale. Lo scorso agosto, la Corte Suprema degli Stati Uniti si è pronunciata per la prima volta sulla questione nel caso Morrison vs National Australia Bank (NAB).Nel 1998, una banca australiana quotata in Australia acquistò una partecipazione di maggioranza in una società finanziaria statunitense. Nel 2001 la partecipazione nella società americana fu svalutata poiché i reali utili della partecipata erano inferiori a quelli precedentemente dichiarati. Di qui il crollo del prezzo delle azioni NAB e la causa promossa dagli azionisti della banca. Questi ultimi hanno provato ad affermare la giurisdizione americana, ma i giudici di prime cure e la corte d'appello federale hanno rigettato la domanda affermando che, sebbene alcune condotte fossero avvenute negli Stati Uniti, esse non erano sufficientemente rilevanti, né vi erano effetti significativi negli Usa. La Corte Suprema ha confermato la sentenza stabilendo, tuttavia, un nuovo criterio di collegamento da utilizzare in casi analoghi. Rigettando i conduct e gli effects test, ha affermato che simili controversie possono essere radicate negli Stati Uniti solo quando riguardano strumenti finanziari quotati negli Usa, ovvero quando acquisto o cessione degli strumenti siano effettuati in questo paese. La decisione è storica perché potrebbe limitare notevolmente l'applicabilità extraterritoriale della disciplina statunitense dei mercati finanziari; non è tuttavia scontato che si tratti di una rivoluzionaria inversione di rotta. Si deve infatti considerare il Dodd-Frank Act, la riforma dei mercati finanziari voluta da Obama. Tale legge prevede la giurisdizione americana nelle azioni promosse dalla Sec o dal Department of Justice, quando significative condotte sono poste in essere negli Usa. Gli operatori finanziari internazionali che svolgono parte della loro attività negli Usa non possono quindi ignorare il diritto americano. Almeno nelle cause promosse dalle autorità di controllo, infatti, il legislatore ha già superato la limitazione introdotta dal caso Morrison riaffermando il conduct test. Lo stesso Dodd-Frank Act attribuisce poi alla Sec il compito di svolgere una consultazione pubblica sull'applicazione extraterritoriale delle securities laws e non è escluso che ciò conduca all'introduzione di regole più espansive di quanto deciso in Morrison.