Un cuneo che non si riduce mai
Il cuneo fiscale è la spiegazione di un fenomeno che sembra paradossale. Come è possibile che i salari siano bassi e perdano potere d'acquisto e l'impresa lamenti un elevato costo del lavoro? Su un lavoratore che percepisce 1.500 euro netti al mese l'impresa deve pagare 2.875 euro. La differenza, 1.375 euro, è la somma dei contributi previdenziali (a carico del datore di lavoro e del dipendente) e delle imposte (Irpef, addizionali Irpef, Irap, nella cui base imponibile è ricompreso il costo del lavoro). Il cuneo fiscale è tale differenza ed è pari a circa il 48% del costo totale dell'impresa.
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Stefania Boffano |
I dati precisi sul cuneo fiscale ce li comunica ogni anno l'Ocse nel suo rapporto Taxing wages. Nel 2012 l'Italia si trova, come negli anni precedenti, ai vertici della classifica: è 6a per i single senza figli (cuneo fiscale del 47,6%) e 4a per le famiglie con un reddito e due figli (cuneo fiscale del 38,3%). Entrambi i dati superano la media Ocse, pari al 35,6% per un single senza figli e al 26,1% per una famiglia con un reddito e due figli.
L'Italia inoltre è 22a sui 34 paesi Ocse per salario netto, con un valore medio di 19.663 euro l'anno, e 17a per costo del lavoro. Il dato incoraggiante è che, rispetto al 2011, il primo è leggermente aumentato e il secondo è diminuito. I dati Ocse, però, considerano soltanto i contributi previdenziali e la componente fiscale a carico del lavoratore, tralasciando l'Irap.
I dati dimostrano che, salvo lievi flessioni, il cuneo fiscale in Italia è sempre rimasto a livelli elevati. Incidere su tale assetto significa infatti ridurre le imposte personali sul reddito da lavoro dipendente, ridurre l'Irap o ridurre i contributi previdenziali. Di recente si è intervenuti sul fronte Irap, disponendo, col decreto Salva Italia, la deducibilità a fini Ires dell'Irap dovuta sul costo del lavoro e l'incremento delle ordinarie deduzioni forfettarie, riconosciute a fini Irap, nel caso in cui l'impresa impieghi giovani lavoratori (meno di 35 anni) e lavoratrici con contratti a tempo indeterminato.
Sul fronte Irpef gli interventi, dal 2008, hanno riguardato la riduzione del prelievo su alcune componenti della retribuzione, come straordinari o premi di produttività. La riduzione sui premi di produttività è ancora vigente e consiste in un prelievo proporzionale del 10%, sostitutivo dell'imposizione progressiva Irpef e delle relative addizionali. La norma, tuttavia, è disegnata in modo da favorire una detassazione decisa a livello aziendale ed è fonte di accese discussioni, tanto che se ne sta discutendo l'abolizione.
Sul fronte dell'imposta personale e della contribuzione previdenziale un volano di riduzione del cuneo fiscale potrebbe essere l'utilizzo dei regimi di non imponibilità Irpef di alcune utilità (asili nido, borse di studio, prestazioni sanitarie, ecc.) riconosciute sempre più spesso dalle imprese a favore dei lavoratori e dei loro famigliari (welfare aziendale). L'attuale quadro normativo già riconosce in caso di beni in natura e servizi la non imponibilità a fini Irpef e, data l'identità delle basi imponibili, fiscale e contributiva, ciò comporta anche una riduzione dei contributi previdenziali. Ecco allora che il potenziamento dei regimi di non imponibilità (ad esempio estendendo il beneficio alle somme ricevute a titolo di rimborso delle spese sostenute dal dipendente per ragioni famigliari) potrebbe contribuire a ridurre in misura incisiva il cuneo fiscale.