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Turismo, la ricerca contro la crisi

, di Fabio Todesco
Il Master in economia del turismo ha chiamato a confrontarsi accademici di tutto il mondo. L'universita' puo' aiutare a capire e anticipare le crisi e a formare manager piu' responsabili

La ricerca accademica non sarà lo strumento principale per uscire dalla crisi, nel turismo come in altri settori, ma può aiutare a comprenderla, ad anticiparne l'evoluzione e a riacquistare quella visione di lungo periodo che, nelle recenti vicende finanziarie, sembra essere stata smarrita, a favore di un atteggiamento di breve periodo ormai bollato come shortismo.

Questa, in sintesi, è l'opinione degli accademici europei, americani e australiani che hanno partecipato, ieri pomeriggio, all'incontro Tourism research in time of crisis. How can academia support the industry?, organizzato dal Master in economia del turismo.Nel Regno Unito il turismo potrebbe risultare una delle industrie più coinvolte, ha sostenuto John Tribe della University of Surrey, perché la crisi è andata a colpire soprattutto il potere d'acquisto dei pensionati, una categoria con molto tempo libero da dedicare ai viaggi. Con una sterlina pesantemente svalutata, la destinazione Italia, rispetto a concorrenti quali la Turchia, potrebbe essere ulteriormente penalizzata dai prezzi. Karl Wöber della Modul University di Vienna, presentando alcuni dati sul turismo nelle città, ha mostrato, però, delle previsioni relativamente ottimistiche per l'Italia (-0,5% di arrivi nelle città nel 2009, rispetto al -25,5% del Regno Unito). L'inatteso accade molto di frequente, ha affermato Gianna Moscardo della James Cook University, in Australia, un paese la cui industria turistica ha risentito, nell'ultima dozzina di anni, di siccità, alluvioni, tsunami, crisi finanziaria asiatica e influenza aviaria. Le domande chiave che i manager del turismo dovrebbero porsi, secondo Moscardo, sono se la crisi comporti un cambiamento nel comportamento dei viaggiatori e se tale cambiamento sia temporaneo o meno. Un altro modo per contrastare la crisi, ha suggerito Daniel Fesenmaier della Temple University, è l'ottimizzazione dei siti internet dedicati al turismo, in modo da renderli visibili ai motori di ricerca, partendo da un modello di comportamento del navigatore, che ha presentato.

Interpreta la crisi come una crisi, prima di tutto, di valori, Pauline Sheldon della University of Hawai'i, e invoca un ruolo per la formazione, che dovrebbe sviluppare una mentalità di lungo periodo e di servizio, a differenza di quanto, evidentemente, è accaduto sinora. Ma università e impresa possono collaborare anche attraverso una nuova strutturazione della ricerca, ha concluso Leo Jago della Victoria University. E ha portato a modello un progetto australiano, che vede la collaborazione tra il settore pubblico, le università e i privati, in cui, attraverso l'istituzione di veri e propri ufficiali di collegamento, si vuole creare un doppio output per l'attività di ricerca: pubblicazioni accademiche da una parte, ma estensioni a contenuto più empirico, ed usufruibili da parte dell'industria, dall'altra.