Terzo mondo: ora si fa strada la microassicurazione
Sviluppati i servizi di prestito e risparmio gli istituti di microfinanza si sono accorti di quanto la vulnerabilità dei poveri aumenti al verificarsi di tali episodi con il rischio di prosciugare risparmi o creare indebitamenti. Per completare i servizi servono, dunque, prodotti assicurativi specifici, accompagnati da un’adeguata azione informativa, in grado di proteggere il capitale accumulato e le attività avviate.
“La diffusione dei prodotti microassicurativi è in crescita, ma ancora relativamente bassa. Tuttavia, visto che manca una radicata cultura in merito alla necessità di questi servizi, bisogna sempre accompagnare la loro introduzione con una forte azione di scolarizzazione in materia”, spiega Lucia Dalla Pellegrina, docente di Macroeconomia alla Bocconi e studiosa di microfinanza.
“Uno dei primi e più significativi esempi di microassicurazione,” prosegue Lucia Dalla Pellegrina, “è la Sewa (Self-employed women’s association), nata in India nel 1972 per sostenere le donne lavoratrici.”Dopo pochi anni di attività un’indagine rilevò l’impatto negativo che la morte della cliente, o di un familiare, o la perdita dei beni (a seguito di alluvioni) avesse sull’adempimento nel rimborso dei prestiti. L’associazione esercitò pressione sulle compagnie nazionali assicurative e, agendo come garante, nella metà degli anni 80 convinse una compagnia a fornire ai membri una limitata assicurazione sulla morte naturale da imporre a chi riceveva un microcredito. Grazie al successo si aggiunsero altre compagnie, e contributi governativi, e si riuscì ad estendere la copertura anche alla morte accidentale e all’invalidità permanente e con il crescente successo la Sewa è riuscita, dal 1995, ad evolversi in vero e proprio assicuratore.
Intanto lo strumento si è andato sviluppando in molteplici meccanismi e prodotti. Si passa, infatti, dalle assicurazioni per coprire le spese funebri, come l’Indian funeral cost funds e la ‘funeral insurance’ in Sud Africa, all’assistenza sanitaria, come le Mutual health organizations dell’Africa occidentale. Per effetti di rischi globali invece lo schema più diffuso è quello della riassicurazione dove assicuratori locali coprono i danni fino ad una determinata soglia al di sopra della quale interviene un ente più grosso, come fa la Banca mondiale nel Turkish catastrophe insurance pool e nel Fund for natural disaster prevention in Messico.
“Molti paesi in via di sviluppo hanno un’economia fortemente basata sull’agricoltura ma sono soggetti a catastrofi naturali di vaste dimensioni. Le istituzioni di microfinanza dovrebbero, perciò, sempre più diversificare il pool di attività finanziate, nell’ottica di riduzione del rischio, ma senza discriminare tra forme di prestito più sicure, come l’artigianato, e forme più vulnerabili al rischio ambientale, come l’agricoltura,” spiega Dalla Pellegrina.
“Sembra, infatti, che alcune istituzioni tendano a favorire il finanziamento delle prime a scapito delle seconde. Tuttavia, i prodotti artigianali sono sostanzialmente diretti all’estero e, di conseguenza, non esenti da shock globali e duraturi, quali un calo della domanda mondiale. Per queste ragioni, un premio assicurativo obbligatorio su ogni tipologia di prestito, abbinato ad azioni dirette a un’efficace diffusione dell’informazione sulla necessità di tali forme preventive, sembra essere la direzione più auspicabile per il futuro della microassicurazione”.