In tempi di crisi piccolo non e' bello
E' la struttura industriale tedesca, composta maggiormente da imprese di grandi dimensioni e internazionali, quella che in Europa ha retto meglio alla crisi degli ultimi due anni. Ad illustrarlo, e dimostrare che sono le caratteristiche specifiche delle singole imprese più che fattori nazionali a determinare la loro performance, è uno studio Bruegel secondo cui nel 2009 le esportazioni delle aziende tedesche sono infatti scese in media del 28% contro, per esempio, il 30% di quelle italiane, il 31,5% delle francesi, il 34,5% delle spagnole e il 40% delle ungheresi.
I risultati sono illustrati nel rapporto The global operations of European firms del progetto di ricerca Efige (European firms in the global economy) condotto dalla think-tank Bruegel, in collaborazione con la Commissione europea e UniCredit, con la direzione scientifica di Gianmarco Ottaviano (Bocconi) e il coordinamento di Carlo Altomonte (Bocconi). Il progetto ha creato la primabanca dati comparativa oggi esistente in Europa sulle attività internazionali delle imprese, con 15.000 imprese monitorate in Austria, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Spagna e Regno Unito. La banca dati, usata per stilare questo rapporto, consente di analizzare con maggiore dettaglio il comportamento delle singole imprese, anche per tipologia, rispetto ai dati aggregati a livello nazionale.
"Per loro natura i dati aggregati nascondono molta della vita economica sottostante, che in ultima istanza è fatta dei successi e degli insuccessi di una moltitudine di imprese eterogenee," spiega Gianmarco Ottaviano, docente di economia politica alla Bocconi. "La creazione di grandi banche dati comparative a livello di impresa permette di capire quanto questi successi ed insuccessi d'impresa siano legati a fattori individuali o piuttosto sistematicamente a fattori comuni di carattere nazionale caratteristici dell'ambitoistituzionale e ambientale in cui le imprese operano."
Secondo lo studio, basato su un campione preliminare di circa 11.000 imprese del database, la crisi ha causato nel 2009 una riduzione nelle esportazioni per il 51,5% delle imprese. Le imprese tedesche e austriache risultano quelle meno colpite (il 45,5% e il 44% rispettivamente hanno citato un calo nelle esportazioni) e quelle francesi e ungheresi le più colpite (quasi il 59% per entrambi). Il 20% delle imprese tedesche è riuscito invece ad aumentare le esportazioni contro il solo 13,5% in Italia.
E' sorprendente notare la diversità delle dinamiche che si nascondono dietro al dato aggregato," illustra Carlo Altomonte, docente di politica economica europea alla Bocconi. "La convinzione generale è che la crisi abbia avuto effetti negativi sulle attività internazionali di quasi tutte le imprese. In realtà, si scopre che le conseguenze della crisi hanno riguardato solo il 50% delle imprese esportatrici europee mentre, sorprendentemente, quasi il 20% degli esportatori hanno tratto beneficio dalla situazione, aumentando le loro esportazioni, con il restante 30% delle imprese che non ha registrato cambiamenti significativi."
Proseguendo, lo studio illustra come la differenza nella performance delle esportazioni tra paesi è dettata dalla loro struttura industriale. Un'analisi econometrica sui dati del numero di destinazioni per le esportazioni dei vari paesi del database dimostra infatti che il 70% della varianza tra paesi è determinata dalle caratteristiche delle singole imprese e solo il 12% da fattori nazionali e il 20% da quelli settoriali.
Le grandi imprese (con oltre 250 addetti) mostrano andamenti simili in Germania e Italia mentre hanno sofferto maggiormente quelle di medie e piccole dimensioni, più presenti in Italia. La dimensione media delle aziende top 10% esportatrici tedesche è infatti di 240 addetti contro i 100 addetti in Italia. La minore dimensione e la presenza di strategie di esportazioni meno sofisticate (le aziende tedesche, per esempio, in media esportano in 3 paesi in più rispetto a quelle italiane) hanno così esposto alle conseguenze negative della crisi una quota di imprese più ampia in Italia che in Germania.
Per sottolineare questo gli studiosi hanno dimostrato come replicando la struttura industriale tedesca, in termini di dimensione delle imprese e distribuzione settoriale, sul tessuto delle imprese negli altri paesi porterebbe, per esempio, ad un aumento delle esportazioni del 24% in Spagna e del 37% in Italia.
"La possibilità di avere a disposizione banche dati molto ampie, e dunque rappresentative, sul comportamento delle singole imprese che compongono un sistema economico rappresenta una rivoluzione metodologica per l'economia simile a quella compiuta dalla fisica, quando dalla teorizzazione della struttura atomistica della materia si è passati alla sua osservazione sperimentale. Su questo, la Bocconi è alla frontiera della ricerca,"concludono Ottaviano e Altomonte.
Al progetto partecipano prestigiosi centri di ricerca europei (Cepr, Cepii, Iaw, Carlos III, Iehas, Centro studi Luca d'Agliano), alcune banche centrali (Bundesbank, Banca d'Italia, Banco de España, Banque de France) e l'Ocse. Tra gli autori di questo primo rapporto di ricerca, anche Giorgio Barba Navaretti (Università di Milano), Matteo Bugamelli (Banca d'Italia), Fabiano Schivardi (Università di Cagliari) e Daniel Horgos e Daniela Maggioni (Centro studi Luca d'Agliano).