
Vaia e le urne: quando i disastri ambientali premiano la destra
La notte tra il 28 e il 29 ottobre 2018, il Nord-Est italiano fu sconvolto dalla tempesta Vaia, un evento meteorologico estremo che abbatté oltre 40 milioni di alberi, causò blackout prolungati e provocò danni per più di due miliardi di euro. Le immagini delle montagne devastate fecero il giro del Paese, e la connessione con il cambiamento climatico fu immediata: media locali e nazionali parlarono di “prova tangibile” della crisi climatica, e il noto alpinista Reinhold Messner dichiarò: “Prima della tempesta potevamo anche illuderci che il cambiamento climatico fosse una questione lontana. (…) Tutto altrove. Ora non più.”
In una delle zone economicamente più sviluppate d’Italia, con alti livelli di consapevolezza ambientale, sembrava l’occasione perfetta per un aumento del sostegno ai partiti ecologisti. Ma le urne raccontano un’altra storia. A sette mesi dalla tempesta, nelle elezioni europee del 2019, non sono stati i Verdi o il Movimento 5 Stelle a guadagnare consensi, ma la Lega, allora forza di governo regionale e co-leader del governo nazionale.
Cambiamento climatico e voto: due forze in gioco
Nella letteratura politologica, due ipotesi opposte cercano di spiegare il comportamento degli elettori dopo disastri naturali:
- L'effetto ambientale: un evento estremo aumenta la preoccupazione per l’ambiente e rafforza il voto ecologista.
- L’effetto risposta: chi è al governo e gestisce con efficacia l’emergenza viene premiato, indipendentemente dalla sua posizione ideologica.
Lo studio di Simone Cremaschi e Piero Stanig, del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche Bocconi, mette queste due ipotesi alla prova sfruttando un caso particolarmente eloquente. E i risultati, in via di pubblicazione su The Journal of Politics, sono forse inattesi: l’effetto soccorsi domina nettamente quello ambientale. La tempesta Vaia ha premiato la Lega, nonostante il suo scetticismo climatico e il voto contrario all’Accordo di Parigi.
La forza dei numeri
Per separare causalmente gli effetti dell’evento dai trend politici preesistenti, gli autori impiegano un modello difference-in-differences molto rigoroso. Il cuore della metodologia è confrontare l’evoluzione del voto tra comuni adiacenti – e molto simili – ma colpiti in modo diverso dalla tempesta. L’intensità dei danni è misurata grazie a dati satellitari e rilievi a terra, integrati con le mappe amministrative e i dati elettorali a livello comunale delle elezioni europee dal 2004 al 2019.
A questi dati, Cremaschi e Stanig aggiungono informazioni sui trasferimenti di fondi per la ricostruzione post-Vaia, per verificare se i finanziamenti abbiano influito sul comportamento elettorale. I risultati sono consistenti: nei comuni più colpiti, la Lega ha guadagnato fino a 3,3 punti percentuali in più, mentre il voto per Verdi e 5 Stelle non è aumentato in modo significativo.
L’effetto si rafforza nei comuni che hanno ricevuto più fondi e resta valido anche tenendo conto di variabili socio-economiche, effetto placebo e spillover territoriali.
Un (apparente) paradosso politico
Lo studio offre una lezione chiara: i disastri ambientali non producono automaticamente una svolta ecologista. Anche in aree economicamente avanzate e sensibilizzate sul clima, la risposta politica dipende dall’identità degli attori in campo. Dove le forze ambientaliste sono deboli, o viste come non credibili, il disastro può rafforzare l’egemonia di partiti che negano o minimizzano la crisi climatica.
“Gli elettori sostengono un partito sulla base della percezione della sua competenza nel distribuire benefici.” (Cremaschi & Stanig, 2024)
È una dinamica che i due autori definiscono “ambivalente”: le calamità aprono spazi di reazione pubblica, ma possono anche consolidare il consenso di chi è già in posizione di potere, specie se capace di trasformare l’emergenza in un’occasione di visibilità e distribuzione di risorse.
L'attenzione alle conseguenze immediate prevale sulla prevenzione di lungo periodo
La conclusione di Stanig e Cremaschi è che anche eventi di eccezionale gravità i quali possono plausibilmente essere ascritti ai processi di cambiamento climatico non sono necessariamente seguiti da un più forte sostegno a politiche ambientaliste. Proprio perché si tratta di situazioni di grave emergenza, infatti, esse tendono a generare delle attese collettive legate alla gestione delle conseguenze (a prescindere dalla parte politica che governa in quel momento) più che alla prevenzione di analoghi eventi futuri.
Simone Cremaschi-Piero Stanig, “Voting and Climate Change: How an Extreme Weather Event Increased Support for a Radical-Right Incumbent in Italy”, di prossima pubblicazione su The Journal of Politics