Tanti piccoli gioielli. E dove meno te lo aspetti
Studiare la realtà delle pmi attraverso un osservatorio come quello della Piattaforma piccole e medie imprese della Sda Bocconi, sebbene significhi osservare quasi esclusivamente gli imprenditori più evoluti, permette tuttavia di ricavare utili spunti di riflessione sulla realtà dell'imprenditoria del Nord e del Sud.
Una prima evidenza è rappresentata dalle differenze o le similitudini tra i diversi profili umani, tra le aziende che ne sono espressione, tra i comparti in cui hanno scelto di operare. Gli imprenditori del Sud che incontro nelle aule di formazione sono per lo più trentenni o quarantenni, di prima o seconda generazione al massimo, che hanno studiato spesso in qualche università del Nord, che si muovono nel mondo con una discreta confidenza e che hanno scelto di vivere laddove, hanno capito, non ci sono solo svantaggi. Sono indifferentemente uomini o donne, queste ultime con uno stile di vita parecchio diverso da quello delle loro madri. Sono molto conosciuti nei loro piccoli paesi di provenienza. Presentano ancora attaccamento ai valori della famiglia e sono spesso protagonisti di un progresso sociale ed economico di recente formazione. Non hanno nulla degli esponenti delle dinastie industriali centenarie del Nord Italia. Assomigliano di più, paradossalmente, ai loro colleghi veneti o trentini. Figli o esponenti di una industrializzazione più recente rispetto a quella delle grandi capitali industriali del Nord, che si è sviluppata in termini culturali e manageriali in tempi stretti, nello spazio di poche generazioni. Proprio perché di nuova formazione sono ancora molto ancorati al prodotto, non hanno ancora fatto il salto verso scelte di diversificazione tipiche degli imprenditori-finanzieri, successori di quelli che erano stati capitani d'industria. Una seconda evidenza mi deriva dall'osservazione dei territori, dei luoghi in cui sono insediate le piccole imprese. Se si facesse un ipotetico "giro d'Italia" alla scoperta della realtà economica che ormai da molti è riconosciuta come la forza trainante dell'economia del paese si avrebbero non poche sorprese. Lasciando da parte le solite aree industriali come la Lombardia, il Veneto o l'Emilia, si trovano zone estremamente ricche di aziende forti, la cui evoluzione più recente non è stata ancora sufficientemente divulgata. Senza voler arrivare a teorizzare una nuova geografia dello sviluppo, si possono riconoscere alcune zone emergenti, che fino agli anni '90 non mostravano nulla di quanto si può oggi osservare. A partire dalle imprese altoatesine, scendendo in Trentino, in luoghi non sempre facili da raggiungere, dotati di aziende di cui inorgoglirsi, per spostarsi in Piemonte, da Cuneo ad Alessandria passando per le Langhe, diventati luogo del gusto e del benessere. Si può anche scendere lungo l'Adriatico e arrivare nelle Marche in province con fenomeni d'impresa che reggono e competono nel mondo. Si potrebbe proseguire poi in Puglia osservando imprenditorialità diffusa tra Bari e Lecce o spostarsi nella macro-area campana (Caserta-Napoli-Salerno) trovando casi rilevanti non solo nella filiera agro-alimentare. Si arriverebbe a terminare questo viaggio spostandosi dal continente alle isole. Approdando in Sicilia si scoprirebbero realtà interessanti nella zona di Ragusa, provincia operosa e defilata rispetto alla più citata Catania. Insomma questa gita lontano dalle solite capitali industriali porterebbe a scovare tante piccole eccellenze nell'arco alpino ma anche al centro e al sud, in settori tradizionali ma non solo, in piccoli comuni più che nelle aree metropolitane, non necessariamente localizzate in aree distrettuali. Quando l'idea imprenditoriale è buona e l'imprenditore è valido, si riescono a superare anche le difficoltà "ambientali".