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Stragi: il segreto di Stato non vale

, di Gabriele Marino - teaching assistant di diritto pubblico in Bocconi
Dal 2007 la normativa sul segreto di stato è cambiata. Il recente invito del presidente della Camera ad abolirlo per i fatti di strage va dunque inteso come esortazione a far luce sul passato

Dalla campagna palermitana, a Portella della Ginestra, in occasione delle celebrazioni per il 1° maggio, il Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, è tornato a invocare con forza l'abolizione del segreto di Stato in ordine ai reati di strage, con finalità mafiose o terroristiche. Una richiesta già espressa, tra applausi scroscianti, il 25 aprile, dal palco di Piazza Duomo a Milano. Scelte di tempo e di luogo che, per la fortissima connotazione simbolica, non paiono casuali e che, tuttavia, rischiano di confondere l'opinione pubblica nazionale, veicolando un messaggio parziale o quantomeno fraintendibile.

La legge 3 agosto 2007, n. 124, ha riformato per l'intero la disciplina del segreto di Stato e dei Servizi per l'informazione e la sicurezza, precedentemente regolata dalla legge 7 novembre 1977, n. 801. Il testo del 1977, assai più scarno, già vietava il ricorso alla secretazione relativamente a "fatti eversivi dell'ordine costituzionale". Il divieto, certamente significativo, si inscriveva perfettamente nel peculiare contesto storico e socio-politico dell'epoca, segnato da episodi rilevanti di tentata eversione, in ordine ai quali la cortina del segreto aveva sempre impedito un compiuto accertamento delle responsabilità penali (si pensi al c.d. "Piano Solo" o al non meno famoso "Golpe Borghese").

La riforma portata a compimento nell'agosto del 2007, facendo tesoro dell'ampia elaborazione dottrinale intervenuta in quasi trent'anni di applicazione della precedente disciplina, ha inteso estendere sensibilmente l'ambito del divieto. Il ricorso al segreto è stato tassativamente escluso non solo relativamente a "fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale" ma anche a "fatti costituenti i delitti di cui agli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale". Si tratta, in specie, dei delitti di devastazione, saccheggio e strage, sia questa finalizzata a compromettere la sicurezza dello Stato (285) o semplicemente di uccidere (422), di associazione di tipo mafioso (416-bis) e di scambio elettorale politico-mafioso (416-ter). Appare evidente la volontà del legislatore di vietare, senza possibilità di fraintendimento alcuno, la secretazione di notizie, informazioni e documenti relativi a reati di particolare gravità, la cui reiterata commissione ha tristemente caratterizzato la storia della Repubblica negli ultimi due decenni del XX secolo. La volontà di garantire il pieno accertamento delle responsabilità penali, ad opera della magistratura, risponde alla necessità naturale di restituire all'opinione pubblica, per quanto possibile, un'immagine delle istituzioni democratiche lontana da funeste quanto consuete infiltrazioni.

Dalla lettura dell'odierna disciplina legislativa emerge, con tutta evidenza, l'impossibilità di ricorrere al massimo vincolo di segretezza in ordine ad azioni eversive, terroristiche, stragi (quale che sia l'obiettivo di queste) o reati associativi di stampo mafioso. Le dichiarazioni del presidente della Camera non devono, quindi, essere travisate, ingenerando nel pubblico convincimenti erronei: non può parlarsi di "abrogazione" del segreto di Stato per i reati di strage, dal momento che detto segreto è perentoriamente escluso dalla legge sin dal 2007. Deve piuttosto ritenersi che il presidente della Camera abbia inteso esprimere una viva esortazione, al mondo della politica e delle istituzioni, affinché siano vinte quelle indebite resistenze (nazionali ed internazionali) che ancora impediscono di fare piena luce su alcune delle pagine più buie della storia d'Italia.

La disciplina del segreto è stata oggetto, in tempi recenti, di un fervente dibattito tra studiosi del diritto europei e non solo. Molti, certamente, sono i passi che rimangono da compiere, soprattutto con riguardo allo scambio intergovernativo di documenti segreti o riservati, ove l'interazione tra accordi internazionali e legge nazionale è spesso fonte di insanabili antinomie. Tuttavia pare iniquo non riconoscere al nostro bistrattato paese il merito di qualche (seppur minimo) progresso.