Sostenibile sì, purché sia sviluppo e senza la tentazione del localismo
L'attuale fase, nella quale la politica è maggiormente sollecitata a riflettere sui grandi scenari, è l'occasione per fare il punto sulla situazione del nostro paese rispetto a due questioni, che vengono sempre più spesso citate insieme, ma il cui accoppiamento rischia di indurre una lettura riduttiva. Si tratta dello sviluppo e della sostenibilità.
L'Italia è una delle nazioni più sviluppate del mondo e la Lombardia, ma anche tutto il Nord del paese, si colloca nettamente al di sopra della media del paese, contribuendo in maniera determinante a mantenere il livello di ricchezza di cui esso gode. Questa situazione di privilegio non può farci dimenticare che molte sono le esigenze alle quali non sappiamo dare risposta né farci dimenticare le povertà che continuano a esserci tra noi.
Può bastare la redistribuzione della ricchezza, all'interno del nostro paese e della nostra regione, per farci superare questi limiti? Credo che si possa agevolmente rispondere che non basta. Possiamo affermarlo soprattutto di fronte alla constatazione che un forte processo di ridistribuzione è già in atto tra le macro aree del pianeta: lo sviluppo di nazioni estese e popolose come la Cina e l'India non può avvenire senza ripercussioni sui livelli di produzione e quindi di occupazione e, in ultima analisi, di ricchezza disponibile per il nostro paese. È un processo necessario e che risponde in molti casi a criteri di giustizia. È un processo nel quale occorre muoversi con una grande capacità di discernimento e di dialogo, al fine di porre in essere le condizioni migliori perché all'interno di queste trasformazioni vengano colte le opportunità che si aprono anche per noi.
Abbiamo quindi bisogno di sviluppare ulteriormente la nostra economia e la nostra società. Studi seri e documentati ci hanno messo in guardia dai pericoli di uno sviluppo che consuma più di quanto produce e che, adottando un'ottica miope e di breve periodo, erode i presupposti stessi sui quali si fonda, destinando le generazioni future a operare in un contesto, ambientale ed economico, peggiore di quello nel quale operiamo oggi noi.
È l'accezione più diffusa di sviluppo sostenibile: dobbiamo fare attenzione perché il tipo di sviluppo che scegliamo possa essere sostenuto nel tempo. Tuttavia, proprio le considerazioni fatte prima ci mostrano che è anche necessario sostenere lo sviluppo, soprattutto in questa fase di rapidi cambiamenti, nella quale si stanno definendo i nuovi assetti competitivi mondiali. In questa fase, dove tutte le posizioni acquisite si stanno mettendo in discussione, non si può perdere tempo e non si può trascurare nessuno dei fattori competitivi.
È all'interno di questo contesto di valutazioni che appare in tutta la sua evidenza l'importanza strategica dell'investimento in infrastrutture di trasporto. Queste, infatti, andranno a delineare le linee di forze dei flussi di persone e merci che attraversano il nuovo spazio economico mondiale.
È proprio questo contesto di valutazioni che toglie ogni tentazione localistica alla scelta di potenziare le infrastrutture di trasporto: siamo di fronte a reti che si sviluppano a livello mondiale ed europeo, all'interno delle quali la debolezza di un anello rende debole tutta la catena. Fuori dalla metafora, la debolezza del sistema infrastrutturale del Nord Ovest è un grave elemento di debolezza e di rischio per l'intero paese e rischia di avere effetti negativi che si manifestano su altre regioni, anche molto distanti.