Soft law e hard law per armonizzare
L'aumento delle relazioni commerciali transnazionali con la globalizzazione e la diffusione del libero mercato ha spinto gli operatori della business community a dotarsi di regole e principi comuni per facilitare le loro attività commerciali e per promuovere la certezza e la prevedibilità del diritto in caso di controversie internazionali. Tra le principali tecniche per ottenere un "diritto comune dei contratti", l'armonizzazione si è rivelata essere la più accessibile perché stabilisce le grandi linee di un quadro giuridico permettendo agli stati di rendere effettive le regole con mezzi che meglio corrispondano ai loro valori.
Risultato di un processo di armonizzazione è il famoso Uniform commercial code (Ucc) americano che fornisce norme comuni a livello federale per le più importanti transazioni commerciali. Al contrario dell'Ucc, a livello dell'Unione europea le istituzioni non sono ancora riuscite a creare uno European contract code, ma hanno concentrato i lavori sulla redazione di regole e principi soft law. Tali lavori sono iniziati nel 1980 quando la Commissione Lando con il supporto del Parlamento europeo ha iniziato a stilare i Principles of european contract law (Pecl). Sulla scia del successo di questi Principi, che si possono applicare sia a contratti commerciali sia a contratti dei consumatori, sono nate altre iniziative, tra cui il Gruppo di studio su un codice europeo dei contratti e l'Accademia dei giusprivatisti europei. Al di là dei Pecl, l'altro grande risultato di armonizzazione delle legislazioni sui contratti in Ue è stato il Draft common frame of reference (Dcfr), nato per volontà della Commissione europea che, fin dal 2001, si è interessata alle difficoltà che si incontrano nella realizzazione di un mercato unico efficiente a causa delle diverse legislazioni nazionali in materia di contratti. Tale Dcfr è stato definito non come un codice europeo dei contratti, ma piuttosto come uno strumento per la revisione della legislazione esistente e per la preparazione di nuovi strumenti nel settore del diritto dei contratti: ancora un mezzo soft law, che include principi, definizioni e leggi modello ma non disposizioni vincolanti. È lecito chiedersi se questi strumenti siano efficienti o se in Ue non occorra piuttosto una legislazione hard law. A questo interrogativo hanno risposto il Rapporto Monti e il Libro verde della Commissione del 2010, proponendo una serie di soluzioni. Dal canto suo, il Parlamento Ue ha espresso nel suo Rapporto dell'aprile 2011 la necessità di codificare un diritto europeo dei contratti e che lo strumento più efficace è il Regolamento, per il suo effetto diretto sui sistemi legislativi e giudiziari nazionali. Al contrario, esiste chi è sfavorevole a una legislazione vincolante perché troppo rigida per il settore dei contratti commerciali e dei consumatori, oggetto di uno sviluppo molto veloce. Nonostante le criticità di una legislazione hard law, bisogna però sottolineare l'importanza dei Regolamenti di Roma I (sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali) e di Bruxelles I (sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale), fondamenti dell'armonizzazione del diritto internazionale privato in Ue. In particolare, se si è stabilito che le decisioni emesse in uno stato membro devono essere riconosciute negli altri senza ricorso a procedimenti complementari, viene difficile comprendere perché un Regolamento che uniforma i diritti nazionali sui contratti, e che quindi semplifica le relazioni commerciali transnazionali in Ue, stia incontrando numerosi, e forse eccessivi, ostacoli e ritardi.