Sistema elettorale, cosa insegna il Mattarellum
La crisi economica ha evidenziato i limiti della classe politica italiana. Di fronte alla necessità di azioni rapide e incisive, i partiti sono apparsi divisi, litigiosi, incapaci di capire l'entità dei problemi della nostra economia. In una parola: inadeguati.
Vincenzo Galasso (a sx) e Tommaso Nannicini |
Migliorare la selezione della classe politica italiana è diventato un imperativo, per aumentare la credibilità del paese e riprendere a crescere. Come farlo? Partendo dalla legge elettorale, per esempio. L'esperienza degli ultimi 20 anni, e di tre sistemi elettorali, può venirci in aiuto. Il proporzionale con preferenze, in vigore fino al 1992, ci ha regalato governi di coalizione molto instabili: furono ben 12 i governi tra il 1980 e il 1990. Anche il bipolarismo della Seconda Repubblica, nato con la riforma che nel 1994 ha introdotto il sistema misto del Mattarellum, non ha dato i risultati sperati. Si sono formati poli elettorali rissosi, in parte a causa della rilevanza delle fazioni estreme, che una volta al potere hanno dato vita a coalizioni frammentate. La situazione è peggiorata con la riforma elettorale del 2006. L'introduzione del Porcellum, un sistema proporzionale con liste bloccate, ha aumentato la rissosità delle coalizioni e delegato la selezione dei parlamentari alle segreterie di partito. Trent'anni di esperienze negative? Non necessariamente. L'analisi dei risultati delle tre tornate elettorali (1994, 1996 e 2001) svoltesi con il Mattarellum, dove il 75% dei deputati erano eletti in collegi uninominali e il rimanente 25% in liste proporzionali, consente un'apertura all'ottimismo. Nei collegi uninominali con maggiore competizione elettorale (quelli in cui, prima del voto, l'esito era più incerto) i partiti decidevano di presentare candidati di migliore qualità. In particolare, nei collegi competitivi, i candidati avevano in media livelli d'istruzione più alti, maggiori esperienze amministrative (c'erano più ex sindaci) e, confrontando persone che svolgevano la stessa professione, un reddito più elevato. Nei collegi considerati sicuri, invece, i candidati erano in media più deboli. Questa differenza continuava in Parlamento, dove gli eletti nei collegi sicuri avevano un livello di assenteismo del 56% più alto rispetto agli eletti nei collegi competitivi. La strada per una migliore selezione della classe politica passa dunque per una maggiore competizione elettorale, che induca i partiti a proporre candidati di migliore qualità per poter attrarre gli elettori più moderati e meno schierati politicamente. Il primo passo in questa direzione sarebbe l'adozione di un sistema con collegi uninominali e doppio turno. Le analisi sulle elezioni comunali, infatti, mostrano che il doppio turno favorisce il bipolarismo e la moderazione delle politiche di governo. Ma per aumentare la competizione elettorale sarebbe necessario anche ridisegnare i collegi elettorali per ridurre il numero di quelli sicuri. Può sembrare una proposta singolare, eppure la procedura di ridisegnare i distretti elettorali, nota nel mondo anglosassone come Gerrymandering, è molto diffusa, anche se è usata con la finalità opportunistica di aiutare i politici in carica a essere rieletti. In Italia, potrebbe essere affidata a una commissione indipendente che, sulla base delle serie storiche dei risultati elettorali, renda i collegi il più possibile competitivi, bilanciando gli zoccoli duri di centrodestra e centrosinistra. Troppo complicato? Niente affatto. Consideriamo i confini dei collegi di Sciacca e Agrigento con il Mattarellum (Figura 1). Ovviamente, in ogni collegio ci sono comuni di dimensioni e caratteristiche politiche diverse: nella Figura 2 quelli di centrodestra sono evidenziati con colori più scuri e quelli di centrosinistra con tonalità più chiare. La Figura 3 mostra invece i nuovi distretti dopo la cura del nostro Gerrymandering dalla parte degli elettori. Il collegio di Agrigento diventerebbe più competitivo con il margine medio di vittoria del centrodestra in riduzione dal 10% al 5%. Estesa su scala nazionale, questa tecnica ci consegnerebbe collegi più competitivi e politici più competenti.