Contatti

A scuola un anno prima? Presto ci saranno più nonni

, di Fabio Todesco
La scelta dell'anticipo scolastico non si riflette solo sull'ingresso nel mercato del lavoro, ma fa scalare le tappe di una vita intera, ricorda il demografo Francesco Billari. Con potenziali benefici sul tasso di fecondità

Quando un genitore decide di mandare a scuola in anticipo la figlia nata nei primi mesi dell'anno vuole consentirle di affrontare il mercato del lavoro un anno prima, ma difficilmente realizza che, probabilmente, diventerà nonno più presto.

"E invece l'anticipo nella frequenza delle elementari fa scalare il calendario di tutta una vita, comprese tappe fondamentali come l'abbandono della casa dei genitori, il matrimonio, la maternità", sostiene Francesco Billari, demografo dell'Università Bocconi, ricordando che una ricerca svolta in Scandinavia evidenzia che lo scarto di una settimana nella data di nascita (dall'ultima di dicembre alla prima di gennaio, con un effetto sull'anno di inizio della scuola) porta a una differenza di almeno cinque mesi, per le ragazze, in tappe importanti della transizione all'età adulta come il matrimonio e il concepimento del primo figlio. A essere determinante non è tanto l'età anagrafica, quanto la coorte scolastica cui si appartiene e l'età alla fine degli studi.

Tale scarto è il frutto della strutturazione del percorso di vita in una sequenza determinata, con fasi successive, come la formazione di una famiglia e la scelta di avere figli, che solitamente non partono prima della conclusione di quella precedente, come gli studi. Ciò è dovuto in parte a ragioni culturali e in parte all'incompatibilità degli status di studentessa e madre.

A essere determinante nella scelta di rimandare la prima maternità non è tanto il titolo di studio, quanto lo status stesso di studentessa, hanno dimostrato Billari e Dimiter Philipov dell'Istituto di demografia di Vienna in un'analisi comparativa di 13 economie dell'Europa occidentale.

I due status di studentessa e madre possono essere resi più facilmente compatibili dal supporto del welfare o da quello familiare. I dati analizzati dai due studiosi dimostrano che le uniche due aree d'Europa in cui il fatto di diventare madre non è d'ostacolo al proseguimento degli studi sono la Scandinavia, grazie alle politiche di welfare, e l'Europa mediterranea, grazie a una consolidata tradizione di intervento della famiglia.

La scala del fenomeno nelle due aree è, però, diversa. Una politica di welfare deliberata fa sì che, tra le madri di età compresa tra i 20 e i 24 anni, le studentesse siano circa l'8% in Scandinavia, mentre il supporto familiare agisce, in Italia, sull'1,1% di madri-studentesse, come nota lo stesso Billari in The transition to parenthood in the European societies, un paper presentato alla Conferenza Europea sulla Popolazione, organizzata quest'anno dal Consiglio d'Europa.

Sia in Scandinavia sia nell'Europa meridionale, a differenza di quanto si potrebbe pensare, la nascita di un figlio non riduce la durata degli studi ma, anzi, la allunga. Nell'Europa Centrale e in Gran Bretagna, invece, in assenza di politiche di aiuto alle madri studentesse e senza l'intervento della famiglia, la maternità costringe più spesso ad abbandonare gli studi.

"Dal momento che il rinvio della prima gravidanza è comunemente annoverato tra le cause dell'allarmante bassa fecondità italiana, ritengo sia da valutare positivamente la possibilità di anticipare l'inizio degli studi", sostiene Billari. "Una politica di welfare che supporti l'indipendenza dei giovani e garantisca la compatibilità degli status di studente e genitore, inoltre, eliminerebbe vincoli oggi stringenti e consentirebbe scelte di transizione all'età adulta più libere".

Questo approfondimento è collegato al Focus Riparte la scuola e i professori imparano a fare fund raising