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Sanità. Tocca l’Europa l’onda della riforma Usa

, di Giovanni Fattore - ordinario presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche
Obama e noi. Ora si agita lo spettro del crollo degli investimenti in ricerca e sviluppo

La proposta di riforma sanitaria del presidente Obama affronta le due maggiori criticità del sistema sanitario americano: il controllo della spesa e l'assenza di copertura assicurativa per circa il 15% della popolazione. Entrambe le questioni sono complesse e risolverle contemporaneamente sarebbe un evento straordinario nella storia della protezione sociale americana. D'altra parte il buon senso suggerisce che più di 40 milioni di persone non assicurate e una spesa al 15% del pil sono indicativi di grandi sprechi, oltre che di ingiustizia sociale. Innanzitutto, il sistema risulta inefficace e inefficiente perché all'elevata spesa sanitaria degli Stati Uniti non corrisponde un guadagno di salute della popolazione; la maggiore spesa del sistema Usa rispetto al resto del mondo è più che altro attribuibile a elevati costi amministrativi e assicurativi, fattori produttivi costosi (lavoro, tecnologie e farmaci) e alla malpractice (costi per l'assicurazione dei medici contro i danni professionali e servizi sanitari ordinati solo per tutelare il medico in caso di contenzioso). È anche uno spreco la gestione dell'assistenza sanitaria delle persone non assicurate, spesso prestata tramite i costosissimi pronto soccorso o reti di assistenza totalmente scoordinate.

Se il buon senso suggerisce la necessità della riforma, un'attenta analisi degli interessi in gioco rende perplessi e non troppo ottimisti. Il 15% del pil destinato alla sanità significa che un settimo del reddito del paese è concentrato in questo settore, con evidenti straordinari interessi in gioco. La maggioranza di medici, assicuratori, ospedali, aziende farmaceutiche e altri fornitori della sanità stanno facendo di tutto, apertamente o meno, per bloccare la riforma o ridurne la portata. E occorre sempre ricordare che la popolazione non assicurata è una netta minoranza, con scarsa o nulla voce politica. D'altra parte, la minaccia di una perdita di qualità del sistema per coloro già assicurati rischia di bloccare qualsivoglia pulsione solidaristica, comunque tradizionalmente debole in gran parte degli Stati Uniti. Le analisi della riforma americana tendono a considerare solo tematiche domestiche, trascurando eventuali effetti a livello internazionale. Invece, ci sono almeno due grandi potenziali ricadute dell'eventuale successo della proposta di Obama. Primo, se si riuscisse veramente ad intervenire per garantire una copertura universale (o quasi) della popolazione, l'effetto simbolico su molti paesi sarebbe molto forte. Verrebbe meno l'esistenza stessa di modelli non universalistici tra i paesi più sviluppati e questo servirebbe da riferimento anche per i paesi emergenti. L'effetto in Europa sarebbe un rafforzamento generale dei sistemi sanitari a finanziamento pubblico e universalisti, con probabili effetti sui paesi dell'Est Europa. Il secondo effetto internazionale riguarderebbe i mercati dei settori industriali collegati alla sanità, in particolare l'industria farmaceutica. Si ritiene che gli elevati prezzi sul mercato americano siano un importante sostegno alla ricerca e sviluppo. Se Obama riuscisse nel suo intento di ridurre la spesa, presumibilmente anche tramite un controllo più stringente dei prezzi, che effetto si avrebbe sulla ricerca nel settore bio-medicale? Le imprese potrebbero cambiare radicalmente strategia industriale? Eventualmente con contraccolpi sui prezzi nei mercati europei? È difficile fare previsioni sugli effetti "globali" dell'eventuale approvazione della riforma Obama. Quello che appare certo è che cambiamenti strutturali nel sistema sanitario americano avrebbero contraccolpi importanti nel resto del mondo.