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Sam Pai, l’indiano che sa tessere relazioni

, di Fabio Todesco
“La Bocconi ha fatto di me una persona internazionale”, dice il commercialista che aiuta gli europei a capire l’India e che ritiene un patrimonio inestimabile i rapporti personali che si sviluppano frequentando un master

Quando Shyamsunder Ranga Pai disse il suo nome per la prima volta, all’inizio del 1994, al compagno canadese del Master in international economics and management (Miem) con cui avrebbe condiviso un appartamento a Milano, quello lo ribattezzò subito Sam. Il nomignolo ha attecchito e per tutti, in Italia e in Europa, questo commercialista indiano che aiuta le imprese del Vecchio continente a stabilire contatti con il suo paese si chiama Sam Pai.

Sam Pai torna alla Bocconi

“Non avete idea di quanto chiusa e locale potesse essere la vita, in India, prima delle aperture economiche che risalgono al 1991”, spiega Sam Pai, seduto al ristorante della Bocconi, l’università che, come dice lui, “ha fatto di me una persona internazionale” e che lui torna a visitare, di tanto in tanto, durante i suoi viaggi d’affari. “Prima di venire a Milano per frequentare il master alla Sda Bocconi non avevo, in pratica, mai messo piede fuori da Mumbai”, come oggi viene chiamata Bombay.

Sam, però, viveva già in un ambiente internazionale. Figlio di un manager di una società svizzera, aveva lavorato più di tre anni per la Ernst&Young prima di mettersi in proprio come commercialista. “Capivo che dall’apertura dell’economia indiana e dagli sviluppi dell’Unione europea potevano derivare vantaggi economici”, dice. “Allora l’unico partner commerciale dell’India, in Occidente, erano gli Stati Uniti, ma io ero sicuro che le cose sarebbero cambiate e oggi posso dire di avere avuto ragione”.

L’interesse di Sam Pai per il Miem cominciò con la lettura di un’inserzione pubblicitaria sull’Economist nel 1992 e, in un’era in cui la posta elettronica era ancora riservata a pochi, ne seguì una fitta corrispondenza, conclusa con l’arrivo a Milano, a 28 anni. Con la sua memoria fotografica e una bonomia che diventa un vero e proprio strumento per fare affari in un business come il suo, basato sulle relazioni, racconta del 2 gennaio 1994: una giornata di neve in cui, spaesato all’aeroporto di fronte ai doganieri, esibì come lasciapassare, per lui e i suoi 38 chili di bagaglio, una delle poche frasi italiane mandate malamente a memoria: “’Sono qui per studiare a Bocconi’, dissi e il doganiere mi fece andare, dandomi il benvenuto”.

“Ora capisco che non ero qui per i voti”, sostiene oggi, “ma soprattutto per conoscere altre realtà. La convivenza con un ragazzo canadese e uno spagnolo e i corsi di cultural relationships del Miem mi hanno fatto capire che gli esseri umani sono uguali ovunque, anche se le culture sono diverse. Intendiamoci, le nozioni sono importantissime, ma se, dopo un’esperienza come il master, avessi perso i contatti con l’università e con i miei compagni avrei sprecato un patrimonio inestimabile”. Pai è diventato un riferimento per tutti i suoi compagni di corso che si trovano, in qualche modo, a sviluppare rapporti con l’India e molti suoi clienti derivano da contatti promossi da docenti o alumni.

L’intenzione di Sam era stata, fin dall’inizio, quella di tornare in India dopo avere acquisito conoscenze e contatti a Milano. Fece, infatti, così e cominciò a sviluppare il business di intermediazione tra Europa e India a partire da quelli che erano stati i suoi clienti da commercialista e da altre conoscenze personali. Ancora una volta fu decisiva la sua capacità di intessere rapporti. I primi clienti italiani arrivarono, per esempio, per la segnalazione di un vice console italiano al quale Sam insegnava l’inglese in cambio di lezioni per perfezionare il suo italiano.

Se la sua attività fiorisce è perché gli europei, pur interessati all’India, avvertono alcune difficoltà culturali nell’avvicinare una realtà complessa e diversa dalla nostra, ma Pai è ottimista: “I problemi linguistici sono minori in India che in Cina e gli italiani, in particolare, mostrano quasi sempre la flessibilità necessaria ad adattarsi a una cultura diversa”. E se qualcosa non va li aiuta lui.