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Rfid, le etichette elettroniche che facilitano la vita

, di Tomaso Eridani
Diffuse soprattutto nei trasporti e nella distribuzione, sono ormai adottate anche dalle amministrazioni pubbliche, ma per affermarsi devono risolvere alcuni problemi di costo e di privacy, secondo una ricerca Bocconi

Dal controllo del bestiame ai biglietti della metrò, l’uso delle etichette elettroniche Rfid si diffonde sempre di più e potrebbe presto aiutare i mariti abbandonati ad agosto con carrelli intelligenti al supermercato e lavatrici che si scelgono il lavaggio. I benefici di queste etichette intelligenti e interattive sono illustrati da una ricerca della Bocconi che sottolinea però anche gli ostacoli da superare legati al costo e alla privacy.

“La Rfid è una notevole innovazione ed è, in particolare, una valida evoluzione del codice a barre che aveva permesso la prima rivoluzione logistica”, spiega Margherita Pagani, responsabile del laboratorio New Media&TvLab dell’I-Lab, il Centro di ricerca sull'Economia digitale della Bocconi, e autrice della ricerca. “Ora c’è la possibilità di raggiungere un alto livello di automazione nell’acquisizione e trasmissione di dati e di passare da benefici per i processi aziendali a vantaggi per il consumatore finale. Questa tecnologia, infatti, si integrerà nella vita quotidiana della persona e diventerà un punto di riferimento tecnologico nei prossimi decenni.”

La Radio frequency identification device (Rfid) è un sistema per trasmettere informazioni usando le onde radio ed e composta da tag attivi, che trasmettono dati autonomamente, o passivi, che vanno attivati da un lettore. Il primo vero utilizzo risale alla Seconda Guerra Mondiale quando il Regno Unito usava la tecnologia radio per identificare la provenienza degli aerei mentre i sviluppi dagli anni ‘70 in poi, passando da sistemi per l’identificazione dei materiali prodotti dalle attività nucleari al controllo e identificazione degli animali, hanno portato alla sua diffusione in più settori.

La ricerca della Bocconi ha analizzato un campione di aziende e pubbliche amministrazioni in Stati Uniti, Canada, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Svizzera e Olanda che utilizzano la Rfid e appartenenti ai settori del largo consumo, moda, beni durevoli e trasporti. Secondo i risultati, la diffusione maggiore è nei settori dei trasporti e del largo consumo. Per il trasporto il dato non sorprende visto che il settore è stato il primo ad essere coinvolto nella diffusione della Rfid con l’utilizzo, per esempio, per l’accesso autostradale e il controllo dei veicoli e delle merci. A Parigi, per esempio, hanno implementato nel 2003 un sistema di biglietteria dotata di Rfid ottenendo un notevole snellimento di tutto il processo di pagamento e controllo dei biglietti. Anche l’Atm di Milano sta ora mettendo a punto un sistema di biglietti elettronici che sfruttano la Rfid.

Nel settore dei prodotti di largo consumo, secondo la ricerca, l’utilizzo principale si riscontra nella gestione della supply chain, sia per l’intero processo sia nell’asset tracking, la tracciabilità dei beni. Per quanto riguarda i beni durevoli e prodotti della moda, l’utilizzo è più limitato anche se la moda presenta notevoli potenzialità di sviluppo.

Nel caso del negozio di Prada a New York, per esempio, si è voluto focalizzare sul servizio al cliente, etichettando ogni prodotto con un tag che permetta di rilevare la disponibilità dei capi mentre nei camerini un lettore ‘legge’ i capi introdotti e su un monitor compaiono informazioni come i colori disponibili e gli accessori abbinabili.

In tutti i settori, comunque, la ricerca riscontra il riconoscimento da parte delle aziende di notevoli vantaggi dall’utilizzo della Rfid in termini di riduzione dei costi, di elevata automazione dei processi e di una maggiore velocizzazione ed efficienza. Ma nonostante le caratteristiche innovative e le grande potenzialità, spiega Pagani, la Rfid ha avuto per ora una diffusione moderata a cause di vincoli legati alla tecnologia e ai costi di adozione. In passato, per esempio, la mancanza di uno standard affermato ha causato problemi di incompatibilità, ora superati con l’introduzione di uno standard comune di reader e tag.

Un altro ostacolo importante è legato al costo di produzione dei tag. L’analisi illustra che, attualmente, un tag passivo costa circa 40 centesimi di dollaro mentre quello attivo dai 10 ai 50 dollari. L’obiettivo per i prossimi anni, per favorire una maggiore diffusione, è di portare il prezzo dei tag passivi a 5 centesimi.

Ci sono poi questioni legate alla privacy ancora da risolvere.L’utilizzo ha infatti ripercussioni in particolare sulla protezione dei dati personali soprattutto una volta che le etichette vengono applicate sui prodotti finiti.

“Una volta che i vincoli di costo, dell’evoluzione tecnologica e dalle problematiche sulla privacy saranno abbattuti o allentati, e considerando che i benefici sono maggiori di questi ostacoli, la Rfid potrà essere adottata in misura più estesa con soluzioni innovative per molti nuovi campi applicativi,” spiega Pagani.

In Inghilterra, per esempio, alcune amministrazioni pubbliche stanno sperimentando nuove targhe elettroniche dotate di tag che consentano di identificare le auto in tempo reale e in modo certo. Nel settore degli elettrodomestici, Merloni sta sperimentando la lavatrice intelligente, dotata di reader Rfid, in grado di riconoscere i capi da lavare e ottimizzare il carico e la composizione e il frigorifero in grado di gestire le date di validità dei prodotti e i processi di riordino. Telecom e Cisco System, intanto, studiano il carrello che sarà in grado di riconoscere dove sono collocati i prodotti e le relative offerte e di addebitare il costo della spesa nel carrello direttamente sulla carta di credito, evitando le code alla cassa.

Questo approfondimento è collegato al focus: Tecnologia, divertimento e business: l'ora degli innomediari