Quattro soluzioni per le tre P
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Dall'alto: Caselli, Corbetta e Vecchi |
A parità di risorse investite, l'Italia ha un gap infrastrutturale del 15-20% rispetto agli altri paesi europei (Banca d'Italia, 2012) come conseguenza di una spesa inefficiente. E questo gap, secondo la Corte dei Conti, peggiorerà: gli investimenti fissi lordi sono passati dal 2,1% su Pil nel 2010 all'1,9% nel 2012 e le stime prevedono un crollo all'1,6% nel 2017. Una risposta alla carenza e inefficienza della spesa per investimenti potrebbe venire dalle partnership pubblico privato (Ppp, il cui modello di riferimento principale sono le concessioni di costruzione e gestione finanziate in project financing), a patto che si chiudano alcuni gap che ne ostacolano l'utilizzo in Italia.
Manca una politica chiara a favore del Ppp e quindi una pipeline di progetti fattibili e bancabili secondo modelli di partnership (gap di programmazione); il sistema di regole è stratificato e non coordinato e vi è una polverizzazione di competenze tra istituzioni (gap di governance). L'utilizzo emergenziale del Ppp, la dominanza degli operatori industriali (del settore delle costruzioni) e lo scarso coinvolgimento delle istituzioni finanziarie non consentono di utilizzare il Ppp come strumento per allocare i rischi in modo bilanciato, stimolando processi di innovazione e scrematura del mercato a favore delle imprese più competitive (gap di selezione). Infine, lo sbilanciamento di competenze e non conoscenza reciproca tra operatori pubblici e privati (gap di partnership), la scarsa trasparenza sulle operazioni di Ppp e la prevalenza di approccio burocratico nella Pa (gap di comunicazione) ostacolano l'attrazione di operatori e capitali esteri.
Le possibili soluzioni sono quattro.
È prioritario partire dalla creazione di un ecosistema trasparente, stabile e certo. In questa direzione, la prima mossa potrebbe essere la creazione di un "soggetto nazionale" a cui assegnare le funzioni di definizione della policy, supporto tecnico, capacity building, raccordo con il mercato.
A cascata, servono poi un sistema di certificazione delle competenze che consenta di innalzare le capacità dei manager pubblici chiamati a gestire gare e contratti; un codice unico del Ppp che diventi il punto di riferimento per tutte le norme in materia e un fondo di equity pubblico–privato che intervenga nella fase di sviluppo.
Riguardo al soggetto nazionale, suggeriamo che sia istituito con legge dello Stato, con ruolo di supporto tecnico obbligatorio per le infrastrutture chiave e facoltativo negli altri casi, intervenendo sia ex ante nella valutazione di fattibilità e finanziabilità, sia successivamente nella fase di gara e poi nel monitoraggio dei contratti.
Deve essere autorevole e indipendente e muoversi in modo rapido e snello. In altre parole, il suo intervento non deve essere calato dall'alto, ma ricercato e voluto dalle amministrazioni. Potrebbe essere dotato anche di poteri sostitutivi ad acta, ovvero con la possibilità di intervento nei casi più gravi. Dovrà poi essere in grado di attirare i professionisti più esperti e essere dotato di risorse adeguate per utilizzare i migliori servizi offerti dal mercato. Questo soggetto dovrebbe essere una sorta di "cervello del Ppp": in quanto caratterizzato da elevate competenze, esso coordinerebbe, in raccordo con altre istituzioni (Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, Agenzia entrate, Ragioneria dello Stato, Corte dei Conti), l'aggiornamento del quadro normativo e definirebbe linee guida, procedure e contratti tipo per investimenti di piccola taglia (in coordinamento con soggetti a livello regionale e locale). Inoltre, esso potrebbe fungere da "forum" permanente di confronto con il mercato per recepire opportunità e criticità e coordinare il processo di input normativo. Fondamentale poi sarà il ruolo che questo soggetto potrà giocare sui mercati internazionali per l'attrazione di capitali e la promozione di investimenti domestici.