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Quando il Centro America traballa

, di Antonella Mori - ricercatrice presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche
Dopo anni di riduzione della povertà, la crisi si fa sentire: l'epicentro è in Messico, il Sud soffre, ma meno

Fino a qualche mese fa vi era ancora la speranza che l'America Latina venisse colpita solo marginalmente dalla crisi finanziaria internazionale. Alla fine dell'anno scorso le principali organizzazioni internazionali avevano previsto un tasso di crescita dell'America Latina e dei Caraibi intorno al 2% per il 2009. La previsione del Fondo monetario internazionale (Fmi) era il 2,5%, quella della Banca mondiale era il 2,1% e quella della Commissione economica per l'America Latina e i Caraibi (Cepal) era l'1,9%. All'inizio di quest'anno quelle previsioni vengono considerate molto ottimistiche. I dati più recenti relativi alle grandi economie della regione mostrano un forte rallentamento della produzione industriale e un crollo della fiducia dei consumatori e delle imprese. Gli effetti della crisi economica e finanziaria mondiale sono arrivati alle economie della regione per diversi canali. La recessione mondiale ha contratto la domanda per le esportazioni latinoamericane, ha fatto scendere i prezzi di molte materie prime di cui è ricca la regione, ha ridotto il flusso di rimesse che gli emigrati inviano nei loro paesi d'origine, ha ridotto il flusso di investimenti diretti verso la regione e le entrate da turismo. Inoltre, il finanziamento esterno è diventato più difficile da ottenere.

Si prevede che l'impatto negativo sarà più forte in Messico, in America Centrale e nei Caraibi che nei paesi del Sud America. Secondo le ultime proiezioni del Fmi (gennaio 2009), quest'anno la crescita in Brasile dovrebbe rimanere positiva (1,8%), mentre il Messico, l'altra grande economia della regione, avrà una contrazione economica dello -0,3%. La Banca centrale del Messico è, tuttavia, ancora più pessimista e prevede che nell'anno in corso l'economia messicana si contrarrà a un tasso tra il -0,8% e il -1,8%.

Alcuni paesi hanno iniziato ad adottare politiche economiche espansive per contrastare la forte contrazione congiunturale. Nelle ultime settimane le banche centrali del Cile, della Colombia, del Messico e del Brasile hanno ridotto i tassi d'interesse di riferimento e alcuni governi hanno varato misure fiscali anticicliche.

La crisi è arrivata in America Latina dopo un quinquennio di risultati economici e sociali particolarmente positivi: crescita elevata, inflazione bassa, conti pubblici in miglioramento, debito estero in diminuzione, conto corrente della bilancia dei pagamenti in avanzo, riduzione della disoccupazione e della povertà. Negli ultimi anni sono anche stati realizzati molti progressi nelle politiche e nelle istituzioni macroeconomiche. La maggior parte dei paesi grandi (Brasile, Cile, Colombia, Messico e Perù) ha adottato un target d'inflazione, rendendo la politica monetaria più credibile ed efficace nel controllo della crescita dei prezzi. Un numero crescente di paesi ha optato per un regime di tassi di cambio flessibile.

Questa grave crisi rischia di eliminare i recenti progressi della regione nella lotta alla povertà. Dal 2002 al 2008, 40 milioni di latinoamericani sono usciti dalla povertà, grazie alla crescita economica e ai miglioramenti nel mercato del lavoro. Ancora oggi vi sono, comunque, 182 milioni di individui in condizioni di povertà, o, in altre parole, un latinoamericano su tre è povero. Nel corso di quest'anno, il numero totale di poveri è destinato a salire a causa dell'aumento della disoccupazione tra i lavoratori a basso reddito e informali, che sono quelli più sensibili al peggioramento del ciclo economico. E' uno scenario, purtroppo, molto probabile, perché nella maggior parte dei paesi latinoamericani la politica fiscale ha una capacità molto limitata di agire come armonizzatore sociale e come meccanismo redistributivo.