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Qualità prezzo e servizio, le strade italiane della concorrenza

, di Salvo Testa - professore di strategia e imprenditorialita' alla SDA Bocconi, e' ricercatore del Dipartimento di management e tecnologia Bocconi
I francesi erano quelli del lusso e dei profumi, gli americani quelli dello sportswear e del casual, ma oggi queste logiche sono superate

Stile, alta qualità e flessibilità della produzione: sono i tre elementi che fanno del made in Italy qualcosa di unico, desiderato e apprezzato ai quattro angoli della terra. La competitività delle aziende di fronte alla concorrenza mondiale, dunque, si gioca tutta sul terreno della loro valorizzazione, come dimostra la ricerca sulle aziende nazionali e internazionali del settore condotta dalla Sda Bocconi.

In passato i modelli competitivi vincenti nel settore erano chiaramente identificati: le aziende francesi nel lusso, nell'alta moda femminile e nei profumi, le aziende britanniche nei tessuti, nell'abbigliamento formale e negli accessori uomo, le aziende americane nel casual e nell'active wear. Dopo la rivoluzione introdotta nel corso degli anni '70 e '80 dalle aziende italiane, con la creazione del pret-a-porter e della logica delle collezioni stagionali a prodotti e a mercati sempre più accessibili, oggi lo scenario competitivo si presenta molto più dinamico e articolato, anche per l'avvento dei retail brand e della concorrenza dei paesi a basso costo di manodopera, Cina ed India incluse.

La ricerca ha delineato i modelli di business più diffusi e l'articolazione delle strategie competitive, al fine di identificare le aziende di maggior successo. Incrociando i quattro parametri dell'immagine, della qualità, del prezzo e del servizio, sono emersi sei diversi cluster entro i quali si posizionano le aziende italiane.

Rappresentanti del brand di lusso sono le aziende che, partendo da un heritage storico e da una localizzazione a forte contenuto di know how, perseguono la strategia della massima attenzione alla qualità del prodotto, valorizzando al massimo le competenze manifatturiere di alto livello del made in Italy. I loro competitor di riferimento sono i grandi marchi francesi del lusso e la loro mission è quella di diventare o rimanere leader globali di una nicchia di mercato relativamente esclusiva. Esempi italiani storici sono Ferragamo e Brioni, più recenti Bottega Veneta, Malo, Marinella.

Vi sono poi le griffe trend maker, le case di moda o gli stilisti più noti al grande pubblico, che sono riusciti talvolta a creare dei gruppi industriali, commerciali e finanziari senza per questo rinunciare alla centralità della creatività. In tale cluster l'evoluzione continua del prodotto e il contenuto emozionale della griffe rappresentano il fulcro del successo, che viene spesso amplificato dalla estensione merceologica derivante dalle attività su licenza. I più noti stilisti italiani, da Armani e Valentino fino ai più recenti Prada, Dolce & Gabbana e Roberto Cavalli, rientrano a pieno titolo in questo cluster e sono considerati, a livello internazionale, il punto di riferimento dell'evoluzione delle tendenze moda, in particolare nel mondo della donna.

In due diverse fasce di mercato, intermedia e di massa, i cluster fashion accessibile e pronto moda di massa rappresentano due aree di business estremamente dinamiche e possono essere considerati la risposta italiana al modello della quick response dei grandi retail brand europei, quali Zara, Mango e H&M. Molte aziende italiane, tra cui Pinko, Patrizia Pepe, Diesel, Sixty e Teddy, sono in forte sviluppo grazie a tale strategia che persegue la mission della democratizzazione della moda, con prezzi e servizi al trade sempre più competitivi. Peraltro, in tali modelli competitivi, l'importanza della velocità e del rapporto tra contenuto moda e prezzo consente di valorizzare pienamente la completezza e articolazione delle filiere industriali della moda, tipiche dei distretti italiani.

Per quanto riguarda i settori basic di massa e value for money, i punti di forza del modello italiano sono meno evidenti, essendo tali cluster maggiormente adatti ad un modello di business che ruota attorno alla competitività di costo e alle dimensioni di scala, storicamente appannaggio dei grandi marchi americani ed oggi dei nuovi competitor asiatici. Anche in questo caso, comunque, alcune aziende italiane hanno saputo ritagliarsi degli spazi di crescita, introducendo forti innovazioni nel prodotto, nella distribuzione e nel modello competitivo, come Benetton, Calzedonia, Original Marines.

Dall'analisi del posizionamento degli italiani appare dunque evidente che, rispetto ai competitor, solo le imprese che puntano a un'immagine di alta qualità e grande capacità innovativa risultano avvantaggiate.

Per competere nei settori del lusso e della moda, ciò che conta è che le aziende facciano scelte coerenti e valorizzino i contenuti di stile, qualità del prodotto e flessibilità della filiera produttiva.