Previdenza complementare: chi ne ha piu' bisogno meno la usa
In un recente studio del Centre for applied research in finance (Carefin Bocconi), Sergio Paci, Patrizia Contaldo, Claudio Fiorentino, Giacomo Nocera, Lucia Spotorno e Francesco Vallacqua presentano un'analisi completa della previdenza complementare in Italia. Lo studio utilizza i dati più aggiornati sui gestori dei fondi pensione e dei servizi accessori, rivolgendosi agli operatori del settore, alle autorità di vigilanza e al legislatore. A fine dicembre 2009 gli iscritti a forme pensionistiche complementari ammontavano a oltre 5 milioni con un incremento, su base annua e al netto delle uscite, del 4,7%, in rallentamento rispetto al 2008. Il rendimento medio aggregato delle forme pensionistiche complementari nel 2009 è stato dell'8,5%per i fondi negoziali e dell'11% per i fondi aperti; per i piani individuali il rendimento è stato del 16,5%. Nello stesso periodo, il tasso di rivalutazione del Tfr si è attestato al 2%. Tra gli aspetti critici segnalati dal Carefin, la scarsa attenzione alla fase di erogazione delle rendite, l'asimmetria tra i lavoratori privati e quelli pubblici (di fatto esclusi dai fondi pensione collettivi) e il rischio che a fare ricorso alle pensioni private siano soprattutto i lavoratori più ricchi e più tutelati.
Se la recente crisi finanziaria, da un lato, ha messo in evidenza un significativo declino nella fiducia degli investitori verso gli strumenti finanziari, dall'altro ha mostrato una maggiore tenuta del sistema italiano della previdenza complementare rispetto a quello di altri paesi e rispetto ad altri investimenti pensionistici.
Il rapporto del Carefin sottolinea che la protezione degli aderenti ai fondi pensione non passa solo attraverso l'accumulazione efficiente del risparmio ma anche attraverso un migliore disegno delle erogazioni vitalizie che il sistema deve garantire ai futuri pensionati. "Sebbene il sistema consenta elevati margini di flessibilità", sostiene Paci, "è venuto il momento di spostare l'attenzione dalla fase di accumulo delle risorse a quella di erogazione delle rendite, ad esempio introducendo maggiori vantaggi fiscali per chi sceglie di percepire una rendita rispetto a chi opta per la liquidazione dell'intero capitale".
Un'altra fondamentale forma di tutela degli aderenti ai fondi pensione passa per lo sviluppo di una crescente educazione previdenziale. In questo ambito andrebbe sviluppata la conoscenza delle nuove regole introdotte nel 2010 per il calcolo della pensione pubblica, che comporteranno una forte riduzione del rapporto tra la pensione e l'ultima retribuzione percepita dal lavoratore (il cosiddetto "tasso di sostituzione") "E' necessario riflettere sulle conseguenze che avranno le modifiche dei coefficienti di trasformazione sulle pensioni future", sostiene Vallacqua. "Non si può tacere infatti che il sistema pensionistico delineato dal legislatore con la riforma Dini è centrato su un modello, quello del lavoro a tempo indeterminato, dal quale tuttavia, dal 1995 ad oggi, ci si è notevolmente discostati". Infatti, come annotato recentemente dalla Covip (la commissione che vigila sui fondi pensione) l'adesione ai fondi pensione privati è maggiore tra i lavoratori che beneficiano di retribuzioni migliori e di lavori più stabili, e dunque al momento del pensionamento godranno di prestazioni più elevate. Si registra quindi una situazione paradossale, visto che la previdenza complementare risulta maggiormente diffusa tra coloro che ne hanno meno bisogno. È necessario dunque lavorare ancora per avvicinare ai fondi pensione i lavoratori precari e a reddito medioâ€basso.
Nelle pensioni private italiane vi è poi un'ulteriore asimmetria, rilevata dal Carefin: visto che esse privilegiano i lavoratori del settore privato rispetto a quelli pubblici, il pubblico impiego è stato sinora escluso, con la sola eccezione del comparto della scuola, dalla possibilità di aderire a fondi pensione collettivi. Il ritardo danneggia i lavoratori del settore, e in particolare i dipendenti più giovani che si troveranno con una pensione molto inferiore a quella di cui fruiscono coloro che lasciano il lavoro attualmente.
Infine, il rapporto rileva che i fondi pensione italiani sono oggetto di un trattamento peculiare, rispetto ad altri paesi, in tema di limiti agli investimenti. La legge pone infatti forte attenzione al contenimento del rischio finanziario e alla diversificazione, vincolando l'autonomia dei gestori.
Ora sarà interessante verificare se, dopo la crisi, queste regole verranno mantenute o cambiate, come suggerito da alcune modifiche legislative da tempo in cantiere.