Piu' Unione negli investimenti diretti
Lo scorso luglio, la Commissione ha approvato e proposto al Consiglio un pacchetto normativo che traccia le linee della nuova politica europea in materia di investimenti esteri diretti (Ied), in attuazione della nuova competenza dell'Unione introdotta dal Trattato di Lisbona.
Notoriamente la circolazione degli investimenti è una parte essenziale delle relazioni economiche internazionali e l'Unione europea è la maggiore fonte e destinazione di Ied a livello mondiale. Si tratta della creazione di filiali all'estero e del controllo di società estere, della prestazione di servizi, dell'acquisto di immobili e della conseguente circolazione di persone, servizi e capitali. Il nuovo Trattato ha incluso tali rapporti nella disciplina della politica commerciale comune - finora relegata ai rapporti mercantili tra stati membri e stati terzi e progressivamente ampliata (commercio in servizi, diritti di proprietà intellettuale) in parallelo con i negoziati presso l'Omc - oggetto della competenza esclusiva dell'Unione. L'assunto è razionalizzare il quadro normativo europeo al fine di proteggere e promuovere sia gli Ied all'interno dell'Unione sia gli investimenti europei all'estero, nell'ambito degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione diretti all'integrazione economica internazionale e allo sviluppo sostenibile. La modifica incide notevolmente sulla ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli stati membri per la conclusione dei trattati sugli investimenti con gli stati terzi. Da un lato, sebbene il trasferimento di competenze non abbia conseguenze dirette sulla validità dei trattati sin qui conclusi, la Corte ha insistito più volte sul dovere di leale cooperazione che obbliga gli stati membri a rinegoziare le clausole dei trattati internazionali conclusi con stati terzi che sono contrarie ai Trattati. Da un altro lato, a parer della Commissione, la nuova competenza ha l'effetto immediato di vietare agli stati membri di concludere con paesi terzi trattati internazionali in materia di Ied, dunque in primo luogo i trattati bilaterali per la protezione degli investimenti Bit (Bilateral investment treaties), senza il consenso dell'Unione. La materia dei Bit con i paesi terzi è tuttora dominata dagli stati membri: la conclusione, nello stesso giorno in cui entrava in vigore il Trattato di Lisbona, di un nuovo trattato tra Germania e Pakistan, che marca il 50° anniversario della conclusione del primo Bit concluso nel 1968, indica che lo scenario auspicato dalla Commissione non è ancora condiviso con gli stati membri. La possibile sovrapposizione delle competenze tra l'Unione e gli stati membri suggerisce che la conclusione dei Bit europei debba avvenire mediante accordi misti con il consenso degli stati membri, perché il Trattato fa salva la competenza degli stati nel mercato interno. Ne deriva che l'attribuzione di responsabilità per le violazioni del trattato richiede un'accurata definizione dei rispettivi ambiti di competenza e l'adattamento dei meccanismi di soluzione delle controversie tra investitore e stato ospite, inclusa l'eventuale modifica del trattato Icsid (International centre for the settlement of the investment disputes) del quale finora l'Unione non è parte.