Piu' soldi, meno rischi
Da diversi anni si parla del rischio di un aumento dell'infiltrazione delle organizzazioni criminali nell'economia legale, fenomeno giudicato ancora più evidente a seguito della crisi. Già nel 2009 i vertici dello United nations office on drugs and crime annunciavano il rischio che la debolezza del sistema bancario, dovuta alla crisi di liquidità, avrebbe potuto aprire le porte alla penetrazione criminale, che fino al 2008 aveva trovato strade sempre più sbarrate per l'inasprirsi dei controlli e delle sanzioni anti-terrorismo post 11 settembre. Il sistema finanziario non è però il solo comparto a rischio di una penetrazione delle organizzazioni criminali; lo sono soprattutto le imprese, anch'esse colpite gravemente dalla crisi.
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Nicola Pecchiari |
A ciò si aggiunga che il sistema delle imprese si caratterizza per un aspetto che rappresenta un punto di forza per le organizzazioni criminali: il fatto che i controlli, indagini, sanzioni e pene per le imprese sono di gran lunga inferiori, se non a volta trascurabili, in confronto a quelli che perseguono le attività criminali. Sotto il profilo costi-benefici, pertanto, il compimento di crimini economici costituirà sempre più un forte elemento di attrazione per la criminalità, sempreché esso consenta di ottenere profitti significativi in rapporto al minore rischio di essere catturati. Le prime osservazioni da parte di istituzioni nazionali e internazionali, quali l'Agenzia informazioni e sicurezza interna e l'Europol (rapporto Socta 2013) denunciano in modo chiaro nuovi trend nel comportamento delle organizzazioni criminali, a seguito della crisi. Da un lato, il minore potere d'acquisto dei consumatori ha dirottato le strategie di contraffazione anche verso prodotti di largo consumo (alimentari, detersivi, cosmetici e prodotti farmaceutici). Dall'altro, la maggiore pressione competitiva verso il contenimento dei costi stimola una maggiore immigrazione di lavoratori e un incremento del lavoro nero in genere. Così come fenomeni di spending review e di contenimento del salario dei dipendenti pubblici possono facilitare un aumento dei fenomeni di corruzione.
Ma sono soprattutto le imprese legali a rischiare il contatto e l'infiltrazione della criminalità, a causa della carenza di liquidità e delle difficoltà reddituali e patrimoniali che le caratterizzano in questa fase. Il che apre a due grandi opportunità per le organizzazioni criminali, dotate di grande liquidità e di strumenti coercitivi importanti. In primo luogo, la possibilità di ampliare e diversificare i canali di sbocco delle proprie operazioni di riciclaggio, acquisendo facilmente nuove imprese e "frazionando" sempre più l'integrazione del denaro sporco nell'economia legale, rendendo così tali operazioni di riciclaggio più disperse e meno visibili. In secondo luogo, l'opportunità di ottenere posizioni di dominanza in alcuni mercati, acquisendo le imprese che consentano maggiori livelli di integrazione a monte o a valle rispetto alle imprese già sotto il loro controllo.
In generale la possibilità di acquisire il controllo di altre imprese mediante "facili acquisizioni" consente un maggiore controllo del territorio, un maggior potere di influenza sui cittadini (elettori) che lavorano in quelle imprese, una maggiore capacità di redistribuire ricchezza e prestigio sociale ai propri affiliati. A questo punto si deve riflettere: di fronte a questo rischio potenzialmente "pandemico", può l'economia legale resistere mediante gli attuali strumenti legislativi, di indagine e sanzionatori? O serve un "farmaco" diverso e più potente?