Piu' produce, meno finanziamenti chiede
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Carlo Altomonte |
Migliorare la produttività del paese è oggi l'unica soluzione a medio-lungo termine per risolvere la crisi. Per farlo, occorre agire a livello di impresa, mettendola nella condizione di poter combinare efficacemente gli input produttivi ed essere in grado di competere oltre i confini nazionali. Nell'attuale crisi economica, che si configura anche come crisi di liquidità, uno dei fattori chiave da monitorare è il canale dell'accesso al credito e la sua corretta allocazione tra le imprese. Ripristinare l'accesso al finanziamento è infatti condizione necessaria ma non sufficiente per stimolare la competitività, in quanto un meccanismo di allocazione di nuovo credito che sia totalmente disgiunto da valutazioni sull'efficienza delle imprese rischia di creare un equilibrio perverso, per cui imprese virtuose ma che si trovano in crisi di liquidità potrebbero essere costrette ad uscire dal mercato, mentre imprese meno efficienti, ma con canali privilegiati di accesso al credito, potrebbero sopravvivere, a tutto svantaggio della produttività aggregata.
Per analizzare questo fenomeno a livello europeo, in uno studio (Who Will Provide the Next Financial Model?: Asia's Financial Muscle and Europe's Financial Maturity) si è sfruttato il dataset Efige (European firms in a global economy), che contiene informazioni su circa 15.000 imprese manifatturiere in sette stati europei ed è costruito per essere rappresentativo dei diversi settori e paesi. Il dataset Efige permette di identificare le imprese che hanno fatto richiesta di credito bancario durante l'anno precedente, distinguendo quelle che l'hanno ottenuto, allo stesso tasso o a uno più elevato rispetto alla negoziazione precedente, e quelle che non l'hanno ottenuto. Da notare come il fatto di focalizzarsi esclusivamente sul canale bancario, escludendo quindi l'emissione di obbligazioni come strumento alternativo di finanziamento, non costituisca un vincolo allo studio, in quanto oltre l'80% dell'accesso al credito esterno in Europa (e in particolare in Italia) è di natura bancaria.
I risultati ottenuti suggeriscono che le imprese più produttive facciano minore ricorso al finanziamento esterno, in quanto dotate di una struttura finanziaria più solida in termini di maggiore capacità di creare e mantenere cassa e minore incidenza di interessi passivi. Emerge tuttavia che, una volta che le imprese più produttive richiedono credito, hanno in media una probabilità maggiore di ottenerlo e a un tasso invariato. Tale risultato è di estrema importanza in quanto suggerisce che anche in un periodo di difficoltà nell'accesso al credito le banche sono state in grado di discriminare anche in base alla produttività delle imprese richiedenti credito. Tuttavia un'analisi sui diversi decili di produttività indica che questo meccanismo di selezione funziona per lo più sui decili estremi della distribuzione, ossia le banche si mostrano in grado di discriminare imprese molto produttive o molto poco, mentre risultano in grado di allocare meno efficacemente credito all'infuori degli estremi. Emerge infine che le imprese più produttive, ottenuto il credito, è meno probabile che lo utilizzino per supplire a carenze di cassa, cosa che invece avviene per le imprese collocate nei decili di produttività più bassa, dunque a svantaggio degli investimenti.
Lo scenario risultante è dunque quello di un meccanismo di allocazione del credito non sempre in linea con le dinamiche di produttività sottostanti il tessuto imprenditoriale. Tale situazione è di grande interesse per i policy maker, soprattutto in un momento storico in cui si stanno riscrivendo le regole di funzionamento del sistema bancario. In particolar modo è importante che le nuove regole consentano di correggere l'attuale deficit del sistema bancario a identificare l'impresa mediamente produttiva, e dunque meritevole di ricevere accesso al finanziamento, proprio in quel segmento in cui l'accesso adeguato alla liquidità potrebbe essere discriminante per la sopravvivenza dell'impresa.