Piccoli bocconiani crescono in via Giovenale
Con l'ingresso dei primi bimbi il 26 settembre scorso, il Nido Bocconi ("NiBo") è ormai realtà. Dodici bambini, di età compresa tra i dodici e i trentasei mesi, potranno essere ospitati nella nuova struttura aperta in via Giovenale mentre mamma e papà sono al lavoro, tra le 8 del mattino e le 18.30 del pomeriggio.
Quella dell'apertura del nido era una notizia attesa con molto interesse nel mondo Bocconi, soprattutto da parte di chi deve cercare quotidianamente di conciliare lavoro, insegnamento o ricerca con le esigenze di una famiglia in cui ci sono dei bambini piccoli.
Non stupisce, dunque, che in molti si siano recati a visitare la struttura in occasione dei due open day, il 10 e il 17 settembre scorsi, né che la società che gestisce il nido abbia ricevuto numerosissime richieste di informazione, e che i posti disponibili siano stati ormai assegnati quasi per intero.
Ma come si è arrivati ad aprire un asilo nido in Bocconi?
"Abbiamo cominciato a pensare all'asilo nido in modo operativo a inizio 2004", racconta Giorgio Banfi, responsabile del Servizio personale tecnico-amministrativo della Bocconi. "Fino ad allora, avevamo ricevuto alcune richieste a riguardo, ma non avevamo un'idea precisa di quali potessero essere le reali esigenze del mondo Bocconi, né di che cosa implicasse, in pratica, realizzare una struttura di questo genere", continua Banfi.
All'inizio del 2004, l'Università inizia dunque a lavorare contemporaneamente su tre aspetti: individuare gli eventuali spazi adatti ad accogliere l'iniziativa, approfondire le azioni necessarie per realizzare il progetto, individuare, attraverso un questionario, i reali bisogni della popolazione Bocconi.
Tra gli spazi che avrebbero potuto venire destinati all'iniziativa, più di uno sembrava avere buoni requisiti. Alla fine, però, la scelta cade sull'edificio di via Giovenale 4 (già sede di uno dei pensionati Bocconi), soprattutto per via della vicinanza con via Sarfatti, già oggi al centro della vita del Campus Bocconi, e ancor più in futuro, quando verrà realizzato l'edificio di via Roentgen-viale Bligny.
Nell'approfondire, invece, gli aspetti di realizzabilità pratica, la Bocconi trova nel Comune di Milano un interlocutore molto disponibile. Un sostegno molto efficace viene, inoltre, dall'Istituto per il servizio sociale dell'impresa, una sorta di consorzio di imprese (tra le quali Assolombarda), che da 40 anni lavora nelle aziende realizzando servizi sociali. "All'inizio, confesso che abbiamo passato una fase di scoraggiamento", racconta Banfi. "La realizzazione appariva assai complessa, anche perché c'erano competenze che riguardavano molti enti diversi: Comune, Regione, Provincia, Asl... Temevamo che la pratica si potesse incagliare in qualche passaggio, facendoci perdere tempo prezioso". A gennaio 2005, invece, la svolta: una legge regionale snellisce moltissimo le procedure per la realizzazione dei 'micronidi', ovvero gli asili nido con meno di 12 bambini. Grazie alla legge, tutte le competenze passano al Comune. Così, in seguito a una perizia asseverata (alla quale partecipano un tecnico della Asl, un puericultore e un incaricato di esaminare i locali dal punto di vista strutturale), il Comune rilascia in breve l'autorizzazione: il nido può diventare realtà.
Quanto all'indagine sulle necessità della popolazione Bocconi, alla fine di aprile 2005 viene inviato un questionario a docenti e personale. Rispondono circa 170 persone interessate concretamente o, al momento, solo potenzialmente, ed emergono due tipi di esigenza. Innanzitutto, la necessità tradizionale, di chi, lavorando tutto il giorno, ha bisogno di un asilo nel quale lasciare il bambino dal mattino al tardo pomeriggio. In secondo luogo, l'esigenza di chi ha bisogno di affidare il proprio bimbo solo per una parte della giornata. Un tipo di richiesta, quest'ultimo, osserva Banfi, che è emerso soprattutto da parte del personale docente. Sulla base di queste indicazioni, dunque, la Bocconi decide di affiancare, ai 12 posti "a tempo pieno" del micronido, altri 6 posti in "ludoteca", ovvero solo per metà della giornata.
Nel frattempo, si procede anche alla scelta della società che gestisca il nido. "Siamo venuti a contatto con numerose società, a partire da quelle più famose, che avevano già aperto diversi nidi aziendali a Milano. Ne abbiamo poi però incontrata una che aveva non solo una forte competenza di tipo gestionale ed educativo, ma anche di realizzazione dei progetti, inclusa tutta la parte burocratica, di verifica dei requisiti".
"La Bottega delle coccole" (questo il nome della società) riceve il mandato a luglio e si mette subito al lavoro per realizzare il progetto, in modo da poter partire alla fine di settembre. Il nido Bocconi esiste, e non più solo sulla carta.
"I bambini alterneranno attività a tema a momenti di gioco libero, con spazio per la merenda del mattino, per il pranzo insieme con le maestre e per il riposino pomeridiano" spiega Eliana Rochetti, coordinatrice pedagogica del Nido Bocconi. Le attività si svolgeranno anche in inglese, grazie alla presenza di un'educatrice madrelingua. Ci sarà spazio, a partire da gennaio, anche per un laboratorio di musica e di educazione all'ascolto. Il tutto in una cornice di poche, essenziali regole, come condividere il gioco, andare d'accordo, lavarsi le manine, pranzare tutti insieme. "Come dice una famosa pedagogista, i bambini vivono bene se vivono come in un quadro. La cornice rappresenta le poche importanti regole all'interno delle quali il bambino vive sereno, perché sa come muoversi" spiega Rochetti.
La retta mensile, per i dipendenti Bocconi, è di 450 Euro, dal momento che l'Università contribuisce con 150 Euro a coprire parte della retta intera (600 Euro). La soluzione diventa quindi attrattiva anche dal punto di vista economico, dal momento che in molti casi risulta addirittura più conveniente degli asili nido comunali, offrendo un servizio più esteso nell'orario e comprensivo di voci spesso onerose, come il pasto e i pannolini.
Per l'Università, che nella realizzazione del progetto non si è avvalsa di alcun finanziamento pubblico, si tratta anche di un impegno economico di un certo rilievo, che si somma alle spese sostenute per l'adattamento dei locali alla nuova destinazione.
Perché, allora, la decisione di investire su questo progetto?
"In primo luogo, è stata una questione di sensibilità verso una situazione conosciuta da tempo dai vertici della Bocconi", spiega Banfi. "Abbiamo una popolazione di dipendenti piuttosto giovane e, soprattutto tra il personale tecnico-amministrativo, ci sono molte mamme con bambini piccoli. L'obiettivo è rendere il lavoro in Bocconi il più sereno possibile, contribuendo, visto che ne abbiamo la possibilità, a risolvere un problema che per alcuni può diventare addirittura angoscioso. E poi, proprio in Bocconi, dove si fa un gran parlare di responsabilità sociale delle imprese, ci è sembrato giusto mettere in pratica per primi quello che insegniamo in aula".