Pericolo longevita'? L'arma in piu' sono i bond
Le recenti tendenze di riforma dei sistemi pensionistici si orientano verso piani a contribuzione definita. In questo contesto le pensioni assumono la forma tipica di rendita vitalizia, la quale è basata su contributi corrisposti dal soggetto assicurato prima del pensionamento ed è pagata finché l'individuo è in vita. Se la vita dell'individuo risulta più lunga di quella attesa al momento in cui sono stati pagati i contributi le compagnie di assicurazione e le istituzioni che offrono i piani pensionistici sono soggetti a un particolare tipo di rischio: il rischio di longevità.
Il rischio di longevità ha due componenti, una individuale e l'altra aggregata. La componente individuale dipende dal fatto che ognuno può vivere più a lungo della media degli individui della sua età, mentre quella aggregata dipende da come si evolve nel tempo la durata della vita di tutta la popolazione. La componente individuale del rischio di longevità è diversificabile offrendo piani pensione a gruppi ampi e diversificati (in termini di rischio di mortalità) di persone. La componente aggregata è invece per sua natura non diversificabile attraverso un ampio portafoglio, proprio perché per sua natura influenza tutti gli individui.L'esistenza di questa componente aggregata del rischio di longevità genera tre questioni. Quanto è importante tale componente? Come si misura il rischio aggregato di longevità? È possibile creare strumenti per diversificarlo? I dati ci dicono che la componente aggregata del rischio di longevità è importante. La probabilità di morire entro un anno dopo i 65 anni si è grandemente ridotta per tutta la popolazione negli ultimi 40 anni. Ma tale riduzione non è avvenuta in maniera uniforme. I dati per il Regno Unito ci dicono che i miglioramenti nella mortalità a età avanzata sono stati più drastici di quelli per gli individui tra i 65 ed i 70 anni. Nel 1971 un individuo di 65 anni aveva una probabilità di essere vivo a 69 anni del 81%, di essere vivo a 79 anni del 34% e di essere vivo ad 89 anni del 5%. Queste probabilità si sono spostate rispettivamente al 92%, 64 %, e 20 % nel 2009. Diventa quindi importante chiedersi come si evolverà la mortalità nel futuro. I modelli stocastici di mortalità ci permettono di misurare il rischio di longevità indicando previsione per la mortalità futura e intervalli di confidenza intorno a queste previsioni. L'ampiezza degli intervalli di confidenza definisce il rischio di mortalità. La simulazione previsiva di un modello a fattori per la mortalità ci dice che nel 2020 la probabilità che un individuo in vita a 65 anni raggiunga i 90 anni avrà un valore atteso del 25%, ma l'intervallo di confidenza al 95% su questo valore atteso è compreso tra il 17 ed il 33%. Il fatto che il 33% piuttosto che il 25% dei 65enni sia in vita a 90 anni espone le istituzioni che pagano rendite vitalizie a un rischio notevole. La questione che ci si pone è come sia possibile diversificare questo rischio.La proposta emersa in letteratura e che è già stata occasionalmente implementata è quella di creare un mercato per i 'longevity bond', cioè obbligazioni indicizzate alla longevità. I longevity bond sono prodotti finanziari che pagano una cedola indicizzata alla mortalità realizzata per una specifica coorte di individui. Un longevity bond emesso nell'anno 2012 indicizzato alla mortalità dei 65enni nel 2012 paga una cedola proporzionale alla mortalità effettivamente osservata dal 2012 in poi di coloro che nel 2012 hanno 65 anni. Ovviamente se i 65enni hanno una sopravvivenza superiore alle aspettative nel 2012 la cedola risulta essere più elevata di quella attesa nel 2012. Questo meccanismo permette all'acquirente di longevity bond di avere nel suo portafoglio uno strumento di diversificazione del rischio di longevità. La questione spinosa legata ai longevity bond è quale istituzione sia la più indicata per emetterli. Una corrente di pensiero nota che tali bond sono uno strumento per risolvere un fallimento del mercato che è generato dal fatto che le generazioni future sono per loro natura escluse dai mercati delle assicurazioni. In questo contesto il benessere della collettività migliora con un intervento del governo perché il potere di tassazione consente ai governi di fare redistribuzione tra le diverse generazioni. Quest'argomento porterebbe a indicare il governo come l'emittente naturale di longevity bond. Ma la questione è dibattuta per due ragioni: la prima è che non è ovvio che i governi redistribuiscano tra le generazioni in maniera ottimale perché le generazioni contemporanee votano e quelle future no, la seconda è che l'emissione di longevity bond aumenterebbe l'esposizione dei governi al rischio di longevità.Il rischio di longevità pone interessanti questioni di misurazione, di previsione e di costruzione di un mercato per la sua diversificazione.Tutte questioni sulle quali il dibattito è ancora molto aperto all'interfaccia tra demografia, finanza ed economia pubblica.