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Perché le ragazze vanno meglio a scuola?

, di Diane Orze
Di fronte alla crescente attenzione sul divario di genere nei risultati scolastici, una nuova ricerca Bocconi condotta su dati longitudinali italiani getta luce sulle sue dinamiche reali: esiste, si amplia in alcuni momenti, ma potrebbe lentamente ridursi

Da anni, il cosiddetto “gender gap” nei voti scolastici alimenta dibattiti accesi. Se è ormai ampiamente riconosciuto che le ragazze tendano a ottenere risultati migliori dei loro coetanei maschi, soprattutto in ambito linguistico e nelle scienze umane, la vera domanda è: quanto dura questo vantaggio? E si sta riducendo oppure no?

A queste domande cerca di rispondere il paper “A Longitudinal Study of the Gender Gap in School Grades via Flexible Bayesian Beta Regression”, firmato da Laura Bondi (Human Technopole), Beatrice Franzolini (Bocconi Institute for Data Science and Analytics, Bocconi University) e Marco Palma (MRC Biostatistics Unit, University of Cambridge).

Il lavoro si distingue per due ragioni: analizza dati longitudinali, quindi osserva l’andamento delle carriere scolastiche di centinaia di studenti nel tempo, e impiega un modello statistico sofisticato – una regressione beta bayesiana con splines – per tenere conto sia delle differenze individuali che dei trend di lungo periodo.

Il caso Rimini: cinque anni, 1.920 studenti, un vantaggio femminile

Il dataset utilizzato proviene da RiminiInRete, una rete scolastica della provincia di Rimini che dal 2015 raccoglie in modo sistematico i voti periodici e finali degli studenti. Gli autori hanno selezionato un campione stratificato di 1.920 studenti, equilibrato per genere e anno di nascita, analizzando oltre 6.300 osservazioni raccolte tra il 2014 e il 2019.

I risultati confermano il divario: in media, le studentesse ottengono voti più alti dei loro compagni maschi durante l’intero percorso scolastico, dalla primaria fino alla secondaria superiore. Nel 2014/2015, per esempio, il vantaggio medio era di 0,45 punti su una scala da 0 a 10; nel 2018/2019, era ancora significativo ma ridotto a 0,33 punti.

Il gender gap non solo esiste, ma tende ad accentuarsi nei passaggi tra i cicli scolastici, come dalla primaria alla secondaria di primo grado. È interessante però notare che nelle coorti più giovani il divario sembra ridursi leggermente: un segnale che qualcosa si sta muovendo.

Differenze che cambiano con l’età e con l’epoca

Un aspetto chiave dello studio è l’osservazione delle dinamiche lungo gli anni scolastici. Le studentesse soffrono meno dei “crolli” di rendimento tipici dei momenti di transizione tra un ciclo e l’altro. Inoltre, pur partendo da livelli simili, i maschi tendono ad accumulare maggiore variabilità nei voti nel tempo. Un altro dato interessante è che la variabilità nei risultati è leggermente maggiore tra le femmine: questo può significare una maggiore eterogeneità, ma anche una maggiore esposizione a meccanismi valutativi complessi e talvolta incoerenti.

Verso una nuova comprensione del divario

Questo lavoro – che presenta risultati preliminari di una ricerca più ampia in corso – pone le basi per nuove domande. Per esempio: come si declina il gender gap per materia? E come ha influito il Covid, con la sua didattica a distanza, sulla distribuzione del rendimento scolastico? Il team prevede infatti di estendere lo studio fino al 2023, includendo gli anni scolastici colpiti dalla pandemia. Uno dei prossimi obiettivi sarà analizzare l’impatto della didattica a distanza e del lockdown sulle dinamiche di genere. È probabile che i divari si siano acuiti, ma solo un’analisi empirica potrà verificarlo.

Un modello statistico per la scuola

Al di là delle evidenze puntuali, lo studio introduce anche una metodologia innovativa per la ricerca in ambito educativo. Il modello di regressione beta bayesiana, infatti, si adatta in modo particolarmente efficace a dati come quelli scolastici, che si collocano su scale limitate e presentano forte eterogeneità individuale. Non è un dettaglio tecnico da poco: significa fornire agli educatori, ai dirigenti scolastici e ai decisori politici strumenti più raffinati per leggere i dati, individuare le aree critiche e pensare politiche più mirate.

 

BEATRICE FRANZOLINI

Università Bocconi
Dipartimento di Scienze delle Decisioni
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