Perche' la conoscenza e' localizzata
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Stefano Breschi |
È accertato che l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecnologiche incontra ostacoli che la codificazione delle conoscenze stesse in pubblicazioni, brevetti o conferenze non riesce del tutto a eliminare. Per esempio, la diffusione di internet e l'aumento della mobilità internazionale di scienziati e ingegneri non impedisce che la conoscenza tenda a diffondersi in modo assai localizzato nello spazio geografico. Più precisamente, individui e imprese localizzati in prossimità delle fonti di conoscenza hanno un accesso molto più tempestivo ed efficace al nuovo sapere rispetto ad attori più distanti, anche in un'epoca in cui le tecnologie della comunicazione sembrano abbattere qualunque barriera fisica.
Gli studi più recenti hanno dimostrato che il mezzo di diffusione della conoscenza più importante è rappresentato dalle reti sociali e in modo ancor più specifico dalle reti di collaborazione, come quelle che collegano i co-autori di articoli scientifici, i co-inventori di brevetti o le imprese che collaborano in progetti di ricerca. L'idea di fondo è che mentre l'accesso alla pura e semplice informazione è sempre meno ostacolato da barriere fisiche (per scaricare il testo di un articolo scientifico o di un brevetto è sufficiente collegarsi a Internet), l'accesso alla conoscenza tacita (ad esempio, la conoscenza necessaria per replicare e comprendere davvero i risultati di un esperimento) richiede un contatto diretto con il soggetto che la detiene. Se la conoscenza si trasmette attraverso le reti sociali, dunque, ciò che spiega la localizzazione geografica nella diffusione del sapere è il fatto che i soggetti che collaborano e scambiano conoscenza sono, in generale, prossimi nello spazio.
Se è vero, tuttavia, che la conoscenza si trasmette in modo privilegiato tramite la rete di colleghi e collaboratori, stabilire legami con attori localizzati in altre aree geografiche assume un ruolo cruciale per accedere alle conoscenze ivi prodotte. In altre parole, le relazioni sociali originate dalle collaborazioni possono costituire uno strumento straordinariamente potente ed efficace per superare le frizioni alla diffusione della conoscenza dovute alla distanza fisica.
Di questo si sono resi conto diversi studiosi che hanno iniziato a esaminare il fenomeno dell'emigrazione di scienziati e ricercatori e il ruolo che tali diaspore possono avere nel diffondere idee e conoscenza dal paese di destinazione a quello di origine. Ciò che tali studi mostrano è che condividere la stessa origine etnica aumenta la probabilità che due ricercatori attivino un legame e scambino conoscenza, anche quando sono localizzati in paesi o regioni differenti. Per un paese come l'Italia, in cui la cosiddetta fuga di cervelli non è compensata da analoghi flussi in entrata, attivare la rete dei ricercatori emigrati costituisce un'opportunità straordinaria per accedere agli sviluppi tecnologici che hanno origine in altri paesi. Sarebbe tuttavia illusorio pensare che i frutti della diaspora italiana arrivino in modo automatico. L'esperienza degli altri paesi che beneficiano degli effetti delle rispettive diaspore (su tutti, Cina e India) insegna che l'attivazione dei legami fra ricercatori emigrati e paesi di origine richiede esplicite strategie, soprattutto da parte dell'attore pubblico.