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Passaporto per la pace

, di Magda Antonioli - professore associato di Tourism culture e Territorial marketing
Guerre e attentati ridisegnano le rotte turistiche ma nel medio periodo non modificano i flussi e soprattutto non mutano il ruolo di motore di sviluppo e cultura del comparto

Il rischio è insito nel turismo. La sua entità, chiaramente, muta a seconda delle aree di destinazione, in base all'instabilità politica, sociale, sanitaria, nonché alla tipologia di viaggio.
In questi ultimi anni attentati sanguinosi di cellule terroristiche in ogni parte del mondo (come il recente al Museo del Bardo di Tunisi) hanno riportato l'attenzione dei media internazionali sulla necessità di fornire maggiori informazioni, protezione e talvolta risarcimento ai turisti e hanno imposto interventi di risk/emergency management a operatori e istituzioni, nazionali e internazionali.
Peraltro, da un lato, le destinazioni coinvolte, caratterizzate da una democrazia giovane e un'economia fragile, ravvisano proprio nel turismo un volano essenziale di crescita. Uno strumento strategico per migliorare la reputazione internazionale della regione, che consente di attrarre investimenti e valuta estera, contribuendo anche grazie all'indotto allo sviluppo economico dell'area.
Dall'altro, a volte, ritenendo i proventi dell'industria turistica nelle mani degli investitori stranieri, gli stakeholder locali ricorrono proprio al turismo quale elemento di scontro anziché di incontro fruttuoso coi viaggiatori stranieri, per richiamare l'attenzione dei media. È essenziale, invece, che il turismo si ponga quale vero passaporto di pace e che gli attori coinvolti, nazionali e non, promuovano gli aspetti di fertile scambio, anziché di sterile neocolonialismo, evitando di aprire la strada a movimenti sovversivi, che solo alimentano odio e risentimento.
Diverse sono le iniziative messe in campo dall'Organizzazione mondiale del turismo proprio per favorire uno sviluppo armonico del settore, un incontro pacifico fra le diverse culture e la prosperità delle comunità residenti: in particolare va ricordato il Codice mondiale di etica nel turismo, approvato dall'assemblea generale fin dal 1999.
Tornando agli attacchi terroristici, la scelta come bersagli di mezzi di trasporto quali aerei (Lockerbie), navi (Achille Lauro), treni o bus, o di infrastrutture turistiche, quali hotel e musei (si pensi alla distruzione di statue, templi etc.), non è casuale; al contrario punta alla creazione di uno stato di disordine, che può portare i governi locali (ma anche stranieri) a rinegoziare le proprie richieste.
Come prevedibile, ogni attacco terroristico provoca shock e indignazione nell'opinione pubblica seguiti da mutamenti nel comportamento della domanda con conseguenze economiche per le destinazioni coinvolte: regioni percepite come politicamente poco stabili vengono sostituite da nuove mete, su cui sono dirottati i nuovi investimenti e lo sviluppo. Nell'ambito del Mediterraneo l'Italia stessa ha più volte beneficiato per il proprio turismo marino dell'instabilità di alcuni competitors. Compagnie aeree e di navigazione, ma anche tour operator e altri operatori dell'intermediazione sono spesso costretti a rimborsare quote di pacchetti già prenotati ai viaggiatori in partenza o a riproteggere i propri clienti verso destinazioni considerate più sicure, sostenendo delle perdite a volte anche considerevoli.
Per fortuna, però, è altrettanto vero che una volta terminati gli scontri ed eliminata la minaccia terroristica il turismo si riprende con relativa rapidità e città come Mombasa, Bali o Sharm el- Sheikh, ma anche New York (Twin Towers), Madrid (Atocha) o Londra e Parigi, dove i turisti arrivano come e più di prima. L'Organizzazione mondiale del turismo ha stimato cali delle presenze nel periodo appena successivo agli attacchi - meno di un biennio - che possono variare da un -50% fino a un -90%, che tuttavia riprendono subito le posizioni pre-attentato.
In conclusione, la resilienza del turismo e la velocità della sua ripresa lo rendono un settore capace comunque di supportare e trainare la crescita economica e lo sviluppo anche in società fragili che provengono da situazioni difficili, quali ad esempio le neonate democrazie formatesi in seguito alle Primavere Arabe, facendoci dimenticare le tristi icone legate a fatti di sangue.