Nuovi paradigmi collaborativi per l'impresa
L'attuale modello di sviluppo, a livello globale, è insostenibile. La crisi economico-finanziaria ne è solo l'ultimo, evidente sintomo: ad essa si affiancano un'emergenza sociale e una ambientale.
Secondo la Fao, nel 2009 1,02 miliardi di persone soffrivano la fame: è il dato più alto dal 1970. L'impronta ecologica dell'umanità supera del 30% la capacità di carico del pianeta e, mentre le distanze sociali aumentano all'interno delle nazioni e tra paesi, la corsa alla crescita non ci rende più felici (si vedano, in proposito, gli ultimi risultati dell'Happy Planet Index, elaborati dalla New Economics Foundation). La sfida della sostenibilità richiede, quindi, un profondo cambiamento nei nostri paradigmi socio-economici, delle nostre coordinate culturali. È il modello competitivo, basato sulla prevalenza dello 'short-termism' e sulla logica della massimizzazione dello 'shareholder value' a discapito delle altre constituencies, che non tiene.Si affermano, dunque, modalità di 'collaborative governance' che superano interventi isolati e non coordinati, ad evidenza insufficienti e inadeguati. In particolare, le più evolute politiche di promozione della responsabilità e della sostenibilità sono frutto della collaborazione tra soggetti pubblici, imprese e società civile. Esempi in questa direzione sono il processo di definizione della Iso 26000, lo standard internazionale volto a fornire una guida sulla responsabilità sociale, che ha visto partecipare esperti da tutto il mondo, appartenenti a differenti stakeholder group, in un percorso assolutamente innovativo per l'International organization for standardization; o i global action network, iniziative multi-stakeholder, che puntano a reali cambiamenti di sistema, come Global compact, Forest stewardship council, Global reporting initiative, Microcredit summit campaign, Slow food. S'inseriscono in questo ambito nuove partnership tra industria, accademia e società civile come l'International seafood sustainability foundation. Ma a questa prospettiva collaborativa e relazionale si ispirano anche le esperienze imprenditoriali più avanzate. La 'collaborative enterprise', infatti, supporta la propria sostenibilità lavorando per la sostenibilità del network di cui è parte e attivando processi ampi di creazione di valore(i) per i differenti portatori d'interessi coinvolti. Si tratta di un modello che supera l'approccio 'mainstream' prevalente e comporta una diversa e più completa visione del successo aziendale: se si vuole realizzare un vero sviluppo, è necessario integrare la tradizionale dimensione finanziaria per tenere conto anche delle istanze dei vari stakeholder, secondo una logica 'multiple bottom line'. È da questa capacità di sviluppare relazioni sostenibili con i membri del proprio stakeholder network che l'impresa collaborativa deriva il suo successo duraturo. È una categoria interpretativa nuova, che ha legami significativi con la parte migliore della nostra storia imprenditoriale. Si pensi per esempio ai distretti, alle reti di piccole e medie imprese, alle aziende familiari, alle filiere cooperative, alle esperienze più felici nel settore pubblico. Questo framework, allora, può svolgere un ruolo fondamentale nell'attuale fase di transizione. Infatti, proprio attraverso una collaborazione estesa tra imprese, soggetti pubblici e società civile è possibile costruire sistemi territoriali forti, favoriti da un diffuso capitale sociale e intellettuale, capaci di vedere nella sostenibilità economica, sociale e ambientale un driver per definire modelli innovativi di sviluppo locale, vincenti anche nella competizione internazionale.