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Non piangiamo sulla ricerca versata. I tempi cambiano

, di Fabio Todesco
La situazione e' a macchia di leopardo, con grandi centri di eccellenza accanto a realta' poco produttive, ma negli ultimi anni e' migliorata. Mancano pero' gli incentivi giusti, come sottolineano Luciano Maiani, presidente del Cnr, e Guido Tabellini, rettore della Bocconi
Guido Tabellini e Luciano Maiani nel corso della videochat moderata da Dario Di Vico (foto Paolo Tonato)

Un paese ingrato, che non si cura di gettare via, quando vanno all'estero, o di sottoutilizzare, quando restano, le proprie risorse umane migliori. È questo il quadro dell'Italia che emerge dalle decine di interventi, molti dei quali provenienti dall'estero, degli utenti di corriere.it, il sito del Corriere della Sera che, con Via Sarfatti 25, ha organizzato una videochat sul futuro della ricerca in Italia con Luciano Maiani, fisico con all'attivo più di 150 pubblicazioni e presidente del Cnr, e Guido Tabellini, economista tra i più produttivi scientificamente e rettore dell'Università Bocconi. I due studiosi si dimostrano moderatamente ottimisti nel rispondere alle domande degli utenti del sito, selezionate e poste dall'inviato del Corriere, Dario Di Vico.

Ma l'Italia ha davvero perso l'ultimo autobus in fatto di ricerca?

LUCIANO MAIANI Lo stato della ricerca in Italia è a pelle di leopardo, con punti di sicura eccellenza, che vanno dai singoli ricercatori agli istituti di alto livello, che competono tranquillamente con quelli del resto d'Europa, che convivono però con zone più arretrate, che vanno studiate per trovare il modo di stimolarle. C'è sicuramente un problema di investimenti in ricerca e sviluppo, che non riguarda tanto il settore pubblico, abbastanza in linea con quanto succede all'estero, ma quello privato, che invece investe pochissimo nel settore. Più che di uno stato di arretratezza ci si dovrebbe dolere di un tipo di ricerca troppo spesso fine a se stessa, scollegata dalla realtà produttiva.

GUIDO TABELLINI Le condizioni per fare ricerca in Italia sono migliorate, negli ultimi anni, ma molte opportunità sono andate perdute. Troppi ricercatori sono andati a lavorare all'estero e, anche se l'Italia migliora, gli altri non stanno fermi, sono un obiettivo che si muove velocemente. Molta della ricerca italiana è svolta nelle università. Avendo lavorato anche negli Stati Uniti sono sempre colpito da una differenza: in Italia le università pubbliche sopravvivono grazie ai finanziamenti statali e l'attenzione dei vertici, di conseguenza, è soprattutto su come procurarsi tali finanziamenti, a discapito anche dei servizi agli studenti e della ricerca. È un nodo da affrontare.

Come si rafforzano i legami tra ricerca e industria? TABELLINI Anzitutto si deve aumentare la qualità della ricerca svolta nelle università. Attraverso i passaggi di carriera dall'università al settore privato, ciò basterebbe a rinnovare l'intero sistema. Inoltre si dovrebbero coinvolgere le imprese nelle attività delle università, incentivando fiscalmente il finanziamento dei privati, come accade nella maggior parte dei paesi. È vero che gli enti di ricerca evitano di attirare ricercatori stranieri, perché questi sono visti come concorrenti in un mercato del lavoro intellettuale già asfittico?

Luciano Maiani, presidente del Cnr
(foto Paolo Tonato)

MAIANI Direi che se gli stranieri non vengono a fare ricerca in Italia l'elemento determinante non è questo, ma la mancanza di infrastrutture per la ricerca riconoscibili all'estero e orientate a progetti visibili. Arrivo da un'esperienza al Cern che, con il suo Hadron collider, ha attratto ricercatori da tutto il mondo. Questi vogliono partecipare a progetti di prima grandezza, perché è con questi che si indirizza una carriera. Anziché tanta attenzione al rientro dei cervelli, non sarebbe più opportuno sviluppare una vera competizione, basata sul merito, tra i responsabili dei progetti di ricerca? TABELLINI Servono criteri meritocratici stabiliti da strutture indipendenti, a contatto con gli scienziati. Sono i pari a dover giudicare la ricerca, non una burocrazia ministeriale. Come si possono rendere trasparenti le carriere dei ricercatori nell'ambiente universitario? MAIANI Da questo punto di vista la situazione non è drammatica. C'è già la tendenza ad applicare criteri oggettivi nella determinazione delle carriere. Al Cnr usiamo indicatori di produttività scientifica come l'impact factor o gli h factor. Sono in uso all'estero e anche il nostro paese si adegua. Dove può lavorare in Italia un buon macroeconomista, con una formazione postdottorale svolta tra Italia ed estero? TABELLINI In Italia non mancano i centri di eccellenza che possono offrire buone opportunità a un profilo simile. Non sempre, invece, la fama dei corsi di dottorato italiani è buona, perché troppo spesso sono meno strutturati che all'estero. Molti finiscono per lavorare all'estero perché in Italia nessuno offre le medesime opportunità. MAIANI La realtà italiana sconta un lunghissimo periodo in cui è stato virtualmente impossibile assumere ricercatori. Si sono, così, formate ampie sacche di precariato, con pochi sbocchi. Ma stiamo uscendo da queste secche. Obama, di fronte all'Accademia delle scienze americane, ha di recente sostenuto il rilancio della ricerca di base con finanziamenti pubblici. E in Italia?

Guido Tabellini, rettore della Bocconi
(foto Paolo Tonato)

TABELLINI Il finanziamento pubblico, in Italia, non è troppo inferiore rispetto ad altri. Difettano, invece, i finanziamenti privati e inoltre, tra le due realtà, si notano differenze nei settori che percepiscono i finanziamenti. Negli Stati Uniti, per esempio, il settore biomedico è finanziato molto più abbondantemente. Infine, quelli italiani sono finanziamenti pioggia, che non privilegiano quasi mai i centri di eccellenza. C'è chi pensa che il vero difetto del sistema sia la scarsa capacità di sfruttare i risultati della ricerca, in termini di brevettazione e trasferimenti tecnologici. MAIANI Al Cnr abbiamo un technology transfer officer, che risponde direttamente a me. Abbiamo potenziato Rete Venture, una consorziata che fa scouting per individuare i risultati commercializzabili, e Quantica, che invece si occupa di venture capital. La Francia utilizza le riserve auree per finanziare la ricerca. In Italia che cosa si può fare? TABELLINI Non c'è bisogno di dare fondo alle riserve auree; prima andrebbe ridimensionata tanta spesa pubblica improduttiva. Ma è ancora più importante allocare bene le risorse disponibili, premiando il merito attraverso l'erogazione di fondi e a seguito di una seria valutazione. Si può avviare un circolo virtuoso attraverso gli incentivi fiscali e con meccanismi che impegnino lo stato a investire nei singoli progetti le stesse risorse concesse dai privati. Sono numerose le lamentele che riguardano i concorsi blindati, nel senso che il 99% dei posti sarebbe assegnato prima del loro svolgimento. TABELLINI Si tratta di un'esagerazione che però, come molte esagerazioni, coglie un elemento di verità: anche dove non ci sono abusi, il sistema dei concorsi non è efficiente. È un errore pensare che si debba sempre controllare la procedura: in realtà sarebbe meglio controllare gli esiti. Sarebbe meglio che le università fossero libere di scegliere, in un sistema in cui chi sbaglia ne paga però le conseguenze. È in preparazione un disegno di legge che prevede liste aperte di abilitazione nazionale, da cui le università possano scegliere. È un passo nella direzione giusta, ma devono seguire provvedimenti che leghino i finanziamenti al merito. Università e Cnr devono trasformarsi in strutture di venture capital? MAIANI Non devono trasformarsi. Nel nostro caso trovo giusto affidare a imprese esterne, che possono fallire, la decisione sugli investimenti in brevetti. Il venture capital devono farlo i capitalisti. Noi possiamo avere una partecipazione. Ci sono ricercatori che si lamentano della dominanza dei sessantenni nelle università e nei laboratori di ricerca. "Non hanno dottorato, sono entrati ope legis e si comportano da padroni", dicono.

Un altro momento della videochat sul futuro della ricerca (foto Paolo Tonato)

TABELLINI Sono polemiche comprensibili e quando i toni si fanno così forti forse è segno che si è toccato il fondo e che si sta cominciando a risalire. Rispetto a pochi anni fa c'è consenso sulla diagnosi e sulla necessaria direzione di movimento. In quanto alle generazioni, è vero che i più giovani hanno carriere più internazionali, mentalità più aperta. Il che deve essere ragione di ottimismo, se non per l'immediato futuro, almeno per il medio periodo. La laurea triennale ha pregiudicato la qualità degli studi? MAIANI La riforma è stata criticata da chi non voleva cambiare, ma nel resto dell'Unione europea la nuova struttura è una realtà e il triennio avvicina prima al mondo del lavoro. Da noi il vero blocco è che il sistema non assorbe personale qualificato e questo pesa sul destino del triennio. TABELLINI Il mio giudizio sulla riforma è moderatamente positivo. Ha aumentato la mobilità internazionale degli studenti, nonostante il limite dell'esclusione dal sistema di Usa e Regno Unito. Purtroppo in molte discipline, tra cui quelle economiche, il triennio ha uno scarso utilizzo; quasi tutti proseguono con il biennio per via del valore segnaletico del percorso più lungo e così i tempi di laurea si allungano. Per arrivare prima al mondo del lavoro, però, si dovrebbero ridurre i fuori corso o addirittura la durata della scuola. Ma voi quanti under 40 avete nel vostro staff? MAIANI Il fatto storico del blocco delle assunzioni negli ultimi dieci anni ha fatto sì che i giovani ci siano, ma siano precari. In parte, però, la prevalenza dei ricercatori più maturi è un fatto naturale in ogni laboratorio del mondo. TABELLINI Alla Bocconi abbiamo 80 assistant professor rispetto a 210 docenti di ruolo, parte dei quali sono comunque sotto i 40 anni. Se un'università vuole migliorare deve sempre fare in modo che chi entra sia migliore di chi è già dentro. Si deve essere tutti gli anni sul mercato del lavoro accademico e si deve essere selettivi. Ciò significa che alcuni di quelli che entrano possono, anzi dovrebbero, non farcela a progredire. Noi, ma anche altri, lo stiamo facendo. Quali rapporti ci devono essere tra ricerca e finanza? TABELLINI Ci sono sempre più scambi tra i due mondi, perché si percepisce la necessità di imparare gli uni dagli altri. La crisi ha fatto vacillare non solo le sicurezze degli accademici, ma anche molti meccanismi adottati dai privati. Abbiamo tutti da imparare. Gli scarsi investimenti in ricerca sono conseguenza degli scarsi risultati commerciali dei brevetti? TABELLINI Solo in parte. Penso che ci sia anche una certa mancanza di capacità tecnica di trasferimento da parte di alcune università. MAIANI È uno dei motivi, ma certamente non quello prevalente. Perché non riformare l'università all'insegna del federalismo, abolendo il valore legale del titolo di studio, abolendo i concorsi e instaurando criteri di merito? TABELLINI Per fare tutto questo non c'è bisogno del federalismo. Sono pienamente d'accordo sull'abolizione del valore legale; si deve andare verso un sistema di accreditamento pubblico delle università. Si lamenta una burocrazia disperante quando si cerca di impiegare in Italia ricercatori extracomunitari. MAIANI È vero, lo sentiamo anche all'interno del Cnr. Se gli istituti sono competitivi i ricercatori accorrono, ma poi... TABELLINI È un problema non solo per i ricercatori, ma persino per gli studenti. C'è chi propone un'anagrafe dei ricercatori italiani all'estero, da cui attingere in qualche modo per farli rientrare. TABELLINI Qualcosa del genere, per sottodiscipline, già esiste, ma il punto è che a richiamare i cervelli non può essere la burocrazia ministeriale MAIANI Si devono creare qui le condizioni perché vogliano rientrare. È difficile, ma è l'unica strada.