Non di sole tasse vive l’uomo
All'uscita della lezione, gli studenti fanno capannello intorno al professore. E' Carlo Garbarino, docente di diritto tributario della Bocconi, che viene letteralmente sommerso di domande. E non sono solo dettagli tecnici sull'argomento del giorno o questioni legate agli esami: lungi dall'essere pura materia tecnica, il diritto tributario è uno strumento per misurarsi con i massimi sistemi ed è proprio questo a suscitare l'interesse degli studenti. Parlare di tasse e contributi è infatti parlare del funzionamento del welfare di un paese, dell'ossatura del sistema che regola la serenità della nostra vita in comune. Proprio ciò su cui Garbarino batte, quando invita gli studenti a non fermarsi agli aspetti tecnici dello studio, ma ad affiancare alla preparazione teorica, "la ragione", anche umanità e spirito di solidarietà.
Professore, sembra tenere parecchio a questo aspetto
E' il mio messaggio agli studenti quando si avvicinano a una materia complessa e caratterizzata dallo studio dell'incertezza come il diritto tributario: sviluppate innanzitutto la capacità critica e la consapevolezza dei fondamentali, poi, la competenza tecnica, che da sola non basta. Capacità critica significa anche capacità di condividere valori e scelte umane.
Quali le sembra che siano gli aspetti di questa materia che coinvolgono di più in classe?
Il diritto tributario è una disciplina giuridica, ma è fortemente saldata alla "cugina" scienza delle finanze. In Italia sopravvivvono sia una forte tradizione giuridica, che una prestigiosa tradizione di studi sulla tassazione: gli economisti finanziari italiani di fine ottocento hanno ispirato i più innovativi filoni della ricerca negli Stati Uniti nella public choice e nella public finance.E proprio lo studio sulla tassazione è uno degli aspetti che più interessano gli studenti. L'altro è invece è lo scenario istituzionale. Capire come ripartire il carico fiscale e come utilizzare le risorse, ovvero ciò che riguarda "le regole del gioco". E' stimolante spiegare agli studenti i criteri delle scelte pubbliche, perché se è vero che esiste l'obbligo alla contribuzione, è pur vero che ci sono anche diritti e tutele per i cittadini. Altro aspetto che suscita interesse è quello della "tax policy".
La politica fiscale.
Non esattamente. La parola "politica" suggerisce scelte di valore (in inglese si traduce con "politics"), mentre l'aspetto più interessante di questo tipo di scelte è che rispecchiano soluzioni alternative, ognuna con vantaggi e svantaggi (le "policies"). Quando si tratta di decidere del funzionamento del welfare state non esistono soluzioni univoche, ma scelte più o meno ragionevoli ed alternative che hanno dei costi. L'optimum non è sempre perseguibile: se ad esempio desidero favorire le classi meno abbienti posso ridurre il carico fiscale. Ma il gettito? Si rischia di ritrovarsi con le casse statali vuote.
Fondamentale, a questo proposito, è la circolazione (importazione ed esportazione) dei modelli di tassazione, fenomeno che oggi è significativo rispetto al passato. Nella comunità scientifica c'è forte dibattito sui diversi sistemi di tassazione e, a livello politico, si valutano diverse ipotesi (modelli) fiscali.
Ma qual è l'orientamento di fondo dei modelli attuali?
Nel quadro dei paesi industrializzati, emergono quattro caratteristiche fondamentali: la crisi dell'imposta progressiva sul reddito personale e la smaterializzazione delle fonti produttive del reddito (si pensi all'economia della conoscenza: lavoro con la testa anziché con il martello). E poi l'affermarsi a livello mondiale di grandi gruppi di imprese che utilizzano la variabile fiscale per crescere. Un esempio è quello delle multinazionali, che acquistano le materie prime in un paese, producono in un altro e pagano le tasse in un altro ancora. Infine il permanere, nonostante tutto, di problemi legati ai welfare locali, come la necessità di finanziare la spesa previdenziale.
C'è quindi un conflitto tra le politiche delle èlite e l'esigenza di preservare un welfare decente: se anche le imposte diventano un costo e non uno strumento di partecipazione politica e redistribuzione della ricchezza a vincere è solo il mercato. Mentre qui parliamo di stato e mercato.
Cosa dice quindi l'economista al politico?
Che i modelli ci sono ma rimangono spesso inascoltati. Si dovrebbe introdurre una sana dose di pragmatismo nelle decisioni della politica, ed in particolare della politica economica e tributaria. C'è molta demagogia nelle proposte fiscali e c'è un forte iato tra le ricette della scienza e la politica, che è ipertrofica. Eppure, i problemi che abbiamo noi (complessità, incertezza) sono gli stessi dei quali si lamentano anche in altri paesi, sebbene, in una ipotetica classifica europea della qualità dei sistemi fiscali, l'Italia si piazzi piuttosto indietro. E i motivi sono presto detti: oltre alla troppa politica e alla pressione di troppi gruppi di interesse, il paese soffre di poca trasparenza delle istituzioni e di un forte tasso di evasione fiscale. Inoltre, abbiamo una platea infinita di piccole imprese, e ciò, dal punto di vista fiscale,determina elevati costi di controllo.