Non batte ancora l'ora della crisi
L'orologeria scalda i motori per un 2013 che si prospetta interessante, almeno a giudicare da quanto visto al Salone Internazionale della alta orologeria di Ginevra di gennaio e dalle anticipazioni della fiera di Basilea di aprile.
![]() |
Luana Carcano |
Nonostante uno scenario economico sfidante e il periodo recessivo nei mercati storici, come l'Europa e il Giappone, il 2012 ha segnato il record, in valore, per le esportazioni svizzere di orologi (significavo dell'andamento del settore considerando che più del 90% della produzione di orologi in metallo prezioso e meccanici avviene in Svizzera). Secondo i dati diffusi dalla Federation of the Swiss watch industry, lo scorso anno ne sono stati esportati per più di 21,4 miliardi di franchi svizzeri, registrando un + 32,5% rispetto al valore del 2010. Hong Kong, Stati Uniti e Cina si confermano i tre principali mercati per importanza con Francia, Germania e Italia a completare le prime sei posizioni in classifica. I mercati storici tengono rispetto ad alcuni in forte sviluppo grazie ai flussi turistici.
In questo quadro positivo, si inseriscono i significativi risultati economico-finanziari messi a segno da alcuni grandi gruppi come Richemont (a cui fanno capo, tra gli altri, marchi come Cartier, Vacheron Constantin, Jaeger-LeCoultre, IWC e Officine Panerai) e Swatch ed anche dalle marche indipendenti. Proprio questi risultati hanno permesso alle marche di proseguire nella strategia di crescita nel core business attraverso le leve dell'integrazione verticale e dello sviluppo di capacità produttiva. La ricerca di una maggiore integrazione si esplicita sia a monte, con l'acquisizione di fornitori storici di componenti per assicurarsi indipendenza e controllo della supply chain, sia a valle con il consolidamento della rete di boutique monomarca nei principali mercati, a supporto di una distribuzione indipendente multi-marca talvolta in difficoltà. Gli investimenti in retail, per quanto importanti, sono spesso ben inferiori a quelli relativi all'incremento della capacità produttiva esistente.
Le strategie di prodotto, che rappresentano il vero motore per queste marche, da un lato rimangono ben concentrate a supportare le collezioni e/o i modelli iconici, al centro non solo del dna del brand ma anche dei risultati. Ma dall'altro, si continua a investire in innovazione, con l'introduzione di soluzioni innovative di micro-meccanica e l'uso di nuovi materiali, come il silicio, l'aluminide, la fibra di carbonio e le ceramiche high-tech. I tradizionalisti non rimarranno comunque delusi, perché l'oro, sia rosa sia giallo, si ritrova con forza nelle collezioni. Le marche, infatti, nel disegnare la propria offerta sono attente a cogliere i diversi stimoli provenienti dal mondo. Ne è altro esempio anche la tendenza alla meccanizzazione dell'orologio da donna, tradizionalmente al quarzo.
Dal punto di vista stilistico, si avvertono inoltre i segnali di un ritorno a orologi con dimensioni più contenute, anche nei modelli sportivi, dalle linee essenziali ed eleganti. Si ritorna, quindi, al classico senza tempo, che rappresenta una garanzia di investimento, da trasmettere alle generazioni future.
La ricerca della continua evoluzione di una tecnologia, introdotta per la prima volta nel XIX secolo, per creare meccanismi assai complessi (vere e proprie opere di micro-ingegneria assemblate poi dalle sapienti mani di mastri orologiai) crea spazi per gli atelier come Journe e Richard Mille che hanno fatto della sofisticatezza meccanica dei segnatempi il loro elemento distintivo, particolarmente apprezzato dai conoscitori.
Gli appassionati e i collezionisti di tutto il mondo confermano quindi il valore di un oggetto che rappresenta un connubio unico tra soluzioni di micro-ingegneria assai avanzate e la tradizione dei mestieri d'arte che ne caratterizza la fase di assemblaggio.