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Nessuno è tanto povero come chi non ha potere

, di Renata Targetti Lenti - ordinario all'Universita' degli studi di Pavia e docente a contratto di economia politica alla Bocconi
Disuguaglianza. Un nuovo rapporto di Oxfam international adotta la prospettiva cara ad Amartya Sen

Il tema dell'uguaglianza e della povertà ha acquistato negli ultimi anni nuove dimensioni con le trasformazioni dei rapporti sociali e personali e a livello internazionale con l'intensificarsi dei processi di globalizzazione. A fianco di processi di sviluppo economico straordinari (Cina e India) continuano a sussistere forme di ineguaglianza, di discriminazione e di privazione inaccettabili. Dal punto di vista teorico si è cercato di riformulare i concetti di disuguaglianza e di povertà, di identificare le variabili causali (di natura micro e macroeconomica) che li determinano, di evidenziare le relazioni tra povertà, disuguaglianza e caratteristiche del sistema socio-economico, nonché tra disuguaglianza e politiche redistributive.

Un recente rapporto From Poverty to Power, pubblicato da Oxfam International, costituisce un contributo importante. Gli elementi più significativi in esso contenuti vanno da una concezione della povertà multidimensionale all'individuazione dei numerosi fattori che la determinano, dalle relazioni tra povertà e disuguaglianza intesa come mancanza di opportunità alle politiche nazionali e internazionali più idonee a contrastarla. La concezione di povertà adottata dal rapporto riflette quella che Amartya Sen è andato elaborando nel corso del tempo. Non solo è una concezione multidimensionale, ma individua nella mancanza di "potere" nelle diverse sfere (politica, economica, e sociale) il carattere fondamentale della povertà. La mancanza di alcune libertà fondamentali, e non solo di reddito, viene considerata una tra le principali cause di povertà nei paesi in via di sviluppo. La garanzia di libertà e/o di diritti positivi fondamentali implica la creazione di istituzioni che possano contribuire alla loro espansione e difesa, attraverso sistemi democratici, meccanismi legali, strutture di mercato, servizi scolastici, sanitari e mezzi di telecomunicazione. La società civile e lo stato sono considerati complementari nell'assicurare le condizioni affinché ogni individuo possa sviluppare al meglio le proprie capacità. Il ruolo dello stato è considerato fondamentale e inteso essenzialmente come un'azione di stimolo e non di pura assistenza. Le politiche redistributive tradizionali, basate esclusivamente su informazioni quantitative e su trasferimenti di reddito, rischiano di essere non solo inadeguate ma distorcenti. Da un punto di vista normativo ciò che diviene rilevante non è tanto garantire l'uguaglianza delle risorse attraverso politiche di trasferimenti monetari, quanto piuttosto ricercare soluzioni che siano in grado di condurre individui diversi, sotto il profilo delle capacità e delle esigenze, alla realizzazione di funzioni ritenute fondamentali. Se il policy-maker desidera adottare politiche economiche e sociali che siano più efficaci e più efficienti dovrebbe prevedere misure che incidano (ex ante) sulle cause che possono determinare una condizione di diseguaglianza e di povertà, anziché far fronte, sempre solo parzialmente, a situazioni già degenerate. Numerosi sono gli esempi riportati dal Rapporto che evidenziano i buoni risultati raggiunti nel contrastare le diverse forme di povertà in alcuni paesi in via di sviluppo. Essi vanno dai mutamenti nello stato giuridico delle donne in Marocco ai casi di successo in termini di crescita e investimenti sociali del Botswana e delle Mauritius, alla campagna per abolire le miniere a cielo aperto dell'Angola. Significativi sono anche i risultati raggiunti in India grazie all'introduzione del National Rural Employment Guarantee Schema oppure la campagna da parte della società civile in Sud Africa per costringere il governo a introdurre misure per contrastare l'epidemia di Aids.