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Neppure in tempo di crisi funziona il prezzo nello spot

, di Anna Uslenghi - docente di advertising media planning
Advertisement. Anche una ricerca americana conferma che i messaggi legati alla recessione non emergono tra gli altri

Come era naturale aspettarsi, la pubblicità non ha ignorato la recessione. Negli ultimi tempi le aziende hanno cercato di sintonizzarsi con l'atteggiamento di un consumatore più che mai attento al valore di ciò che acquista, pronto a cogliere anche le piccole occasioni di risparmio e disposto, per spendere meno, a cambiare marca. Nelle loro campagne di comunicazione hanno affrontato spesso il tema della crisi e lo hanno fatto in modo molto pragmatico, senza ipocrisia, facendo leva per esempio sulle scelte quotidiane con cui la gente deve fare i conti (economizzare comprandosi una macchina da espresso per la casa o prendere il caffè al bar tutti i giorni?). Una strategia senza dubbio di buon senso, onesta e condivisibile. Forse però non abbastanza incisiva.

Secondo un'analisi Nielsen sugli effetti di una sessantina di spot pubblicitari trasmessi tra la fine del 2008 e i primi mesi del 2009 incentrati sul prezzo o su temi legati alla recessione di 11 importanti spender americani, infatti, non sembra che messaggi di questo tipo ce l'abbiano fatta meglio di altri a intercettare l'attenzione dei consumatori nell'affollamento dei canali televisivi. Perché? Perché le marche innanzitutto devono essere amate. Devono avere una connessione intima con i propri consumatori e per riuscirci devono essere capaci di coinvolgerli e appassionarli in primo luogo come individui, di attrarli e ottenere la loro adesione. Invece di persuadere il consumatore, per quanto leale e corretta possa essere la promessa della marca, la comunicazione dovrebbe saper raccontare bene una storia rilevante e credibile, agganciare la marca alla vita delle persone, caricarla di un valore emotivo che è poi la ragione per cui la compriamo la prima volta e continuiamo a comprarla, sempre e comunque. Oggi la pubblicità ha bisogno d'idee ricche, avvincenti, su cui costruire trame intriganti e trascinanti. Il rischio altrimenti è che il target rimanga indifferente. Molte marche hanno costruito la propria forza su un ideale, una causa, un punto di vista da abbracciare e condividere con il proprio target; hanno scelto di esprimere un credo semplice e chiaro e ne hanno fatto l'ispirazione di ogni comportamento e forma di comunicazione. Come Philips, per cui l'innovazione tecnologica, anche la più avanzata, deve avere un senso, cioè facilitarci la vita, ed essere semplice, priva di complicazioni. La devozione assoluta al principio della semplicità non solo ha impresso una chiara direzione all'evoluzione del mix di prodotti del brand, ma ha guidato la riorganizzazione di tutto l'insieme delle attività aziendali. Come Heineken, che ha un'idea tutta sua dell'amicizia, basata su una visione del mondo disimpegnata e un tantino irriverente racchiusa in un tacito codice di 'fratellanza', in cui l'amicizia viene prima di tutto e quando qualcuno sembra aver perso lo spirito del gruppo è il caso di ricordarglielo ("Are you still with us?"). Omo, la marca di detersivo per bucato, crede che "Dirt Is Good" e che sporcarsi giocando all'aria aperta sia per i bambini un modo straordinario di imparare ed esprimere la propria creatività, mortificata da ore e ore di consumo televisivo. Per Vim la cosa importante è stare con i bambini, non vale la pena sprecare tempo a pulire il bagno e detto da una marca di detergenti per la casa fa un certo effetto. Lo scoiattolino delle gomme da masticare è in fondo l'icona impertinente di una presa di posizione seria sul problema del riscaldamento globale. Audace la campagna di Philips e Nivea for Men per il lancio di un nuovo rasoio in Svezia ("Tutti gli uomini sono vulnerabili"): la virilità non è fatta solo di birra, lotte e corse in macchina, spesso scaturisce, e gli uomini lo sanno, da grandi dolori e sofferenze. Dietro ad alcune campagne vi è una radicalità di pensiero, un'ideologia talmente non convenzionale da ridefinire i benefit, e dunque i confini, della categoria. Queste campagne conquistano interesse, diventano famose, generano discussione, accrescono l'equity della marca e ottengono migliori risultati in termini di vendite.