Nell'immobiliare c'è un'idea che viene dall'America e piace al mondo
I Reit (Real estate investment trust) nascono negli Stati Uniti nel 1960, con l'obiettivo, da parte del governo americano, di creare dei veicoli finanziari che permettessero anche a piccoli investitori/azionisti di entrare nel comparto degli investimenti immobiliari (uffici, proprietà commerciali, residenziali). Adottati poi in Olanda,Australia e Belgio, hanno visto crescere la loro diffusione fino all'introduzione, nel 2007, anche in Germania, Gran Bretagna eora anche in Italia nella forma di Siiq.
Il percorso di sviluppo del mercato dei Reit è stato influenzato da diverse variabili non solo legate all'interesse degli investitori per il settore immobiliare. Negli Stati Uniti, per esempio, ha conosciuto una crescita sostenuta tra il 1990 e il 1997, periodo a cui è seguita una relativa stasi negli anni dell'euforia dei mercati azionari per la new economy, fino a quando, in seguito all'esplosione della bolla, si è ritornati ad investire sul più solido mercato immobiliare.
Nei mercati più maturi (Usa, Australia, Olanda e Belgio), i Reit costituiscono la porzione più rilevante del mercato immobiliare locale quotato, con percentuali che arrivano fino all'80-85% del totale. Nei casi di più recente introduzione, come in Gran Bretagna, il rapporto tra Reit e altre società immobiliari quotate è invece più bilanciato. Questo suggerisce che, nel medio-lungo termine, quando cresce la finanziarizzazione del mercato immobiliare, gli operatori e gli investitori tendono a favorire i Reit rispetto ad altri strumenti di investimento immobiliare. La maggior parte degli analisti concordano infatti sulle eccellenti prospettive e ampi margini di crescita che i Reit hanno, come forma di investimento, nei paesi in cui sono stati recentemente introdotti.
Lo sviluppo del mercato ha anche portato una sempre maggiore focalizzazione dei Real estate investment trust su specifici investimenti immobiliari con riguardo all'asset class (commerciale, uffici, hotel). Negli Stati Uniti, 9 dei primi 10 Us Reit hanno più del 90% dei loro investimenti in una singola asset class.
Questi trend sono confermati anche dall'esperienza europea e australiana, sempre più caratterizzata dalla specializzazione dell'investimento. Attualmente, 8 dei primi 10 maggiori Reit europei per capitalizzazione sono specializzati per asset class. In Australia invece 3 dei primi 5 sono specializzati nell'investimento nel settore commerciale.
Passando al profilo dimensionale del mercato globale, nel primo semestre del 2007 il mercato internazionale dei Reit contava quasi 500 operatori quotati, con una capitalizzazione complessiva pari a circa 420 miliardi di euro, vale a dire circa il 41% del mercato immobiliare quotato internazionale. In testa alla classifica del peso complessivo di ciascun mercato nazionale rispetto al totale ci sono gli Stati Uniti, che rappresentano circa il 56% del mercato dei Real estate investment trust e il 23% circa di tutti gli strumenti immobiliari quotati nel mondo; le stesse percentuali sono rispettivamente pari a circa il 12% e al 5% per l'Australia.
L'introduzione dei Reit nel Regno Unito a gennaio 2007 è stata seguita da un rapidissimo sviluppo di questo strumento, tanto che in pochi mesi il peso della Gran Bretagna nel comparto ha superato l'8% del volume complessivo del mercato, raggiungendo una capitalizzazione di circa 34 miliardi di euro. Come conseguenza della massiccia entrata nel mercato dei Reit da parte degli operatori inglesi, la quota di mercato degli Stati Uniti è stata velocemente erosa, passando dal 65% al 56%. Segue, nella classifica, la Francia, con circa il 7% del mercato Reit e il 3% del mercato globale. Complessivamente, la composizione del mercato internazionale dei Reit suddiviso per macro-regioni vede il Nord America con il peso più rilevante, pari a circa il 59% del mercato totale, seguito dall'Australia con il 12%, l' Europa (esclusa la Gran Bretagna) con circa il 11%, l'Asia con circail 9%, la Gran Bretagna conl'8%, e infine l'Africa con una quota assolutamente marginale che non raggiunge lo 0,5%.