Mille modi per perdere tempo in ufficio
Avrei dovuto scrivere questo articolo la scorsa estate, quando Giordana Taggiasco dell'Area organizzazione e personale della Sda Bocconi mi parlò dei suoi lavori sulle perdite di tempo nel lavoro e il materiale preparatorio atterrò sulla mia scrivania.
Il mio, però, è un lavoro complesso: scadenze multiple, differenziate e ravvicinate, attività poco ripetitive e difficilmente pianificabili sono fonte di rinvii e accantonamenti di montagne di fogli negli angoli più inesplorati della scrivania (i miei colleghi vogliono farne una case history per un master in desk management).
Dovrei provare con la delega, ma mentre ho l'impressione che i miei capi la utilizzino con grande generosità nei miei confronti, io non saprei bene che cosa delegare a chi, forse per via della natura intellettuale e individualistica della mia professione.
Ma il vero flagello si sono dimostrate le interruzioni. Nel mio ufficio il telefono squilla in continuazione e ci sono giornate in cui sembra che ogni italiano sopra i dieci anni abbia i nostri indirizzi di mail in memoria.
Poi ci sono le relazioni sociali. Dare retta a un collega anche quando racconta che smettendo di fumare ingrassa o si lamenta dell'ennesima ingiustizia arbitrale porta via del tempo, ma non si vive di solo lavoro e si tratta di trovare un buon bilanciamento.
Confesso che non sono un drago neppure nella pianificazione del lavoro. Si stima che dieci minuti dedicati alla preparazione del lavoro giornaliero facciano risparmiare un'ora, ma non sempre c'è il tempo per farlo.
Giordana Taggiasco tutte queste cose le sapeva, anzi le ha scritte nei paper Il contesto organizzativo influenza il modo di percepire e gestire il tempo? (con Paola Castelli dell'Area intermediazione finanziaria e assicurazione) e L'imprenditore, la gestione del suo tempo lavorativo e la delega imprenditoriale. Non si riferivano a me, ma nel primo dei due scritti, confrontando le risposte a un questionario date da 200 dipendenti di aziende a struttura gerarchica e quelle di 200 liberi professionisti che agiscono in una struttura piatta, le due ricercatrici notano molte più analogie che differenze nei problemi di gestione del tempo (i liberi professionisti delegano di meno e tendono a portarsi il lavoro a casa anziché allungare la permanenza in ufficio, ma per il resto si comportano come gli altri). Ciò significa che "la cultura di sfondo, ovvero i condizionamenti dell'ambiente socio-culturale nel quale operano entrambi i campioni, sembrano prevalere rispetto alla cultura organizzativa". Significa, però, anche che l'analogia "rende generalizzabili gli interventi volti a migliorare la gestione del tempo e i conseguenti potenziali benefici per le aziende e per le persone".
Le tre grandi aree di intervento suggerite sono "azioni volte a rendere il lavoro meno complesso e più pianificabile, nonché a migliorare la capacità di pianificazione dei singoli; azioni volte a migliorare la gestione di tutti i tipi di interruzione; azioni volte a incrementare le relazioni sociali e il bilanciamento tra vita professionale e privata".
Nel secondo paper Taggiasco raccomanda di pianificare il proprio tempo in modo da dedicarne il 60% ad attività programmate, il 20% ad attività strategiche e sociali e il 20% agli imprevisti (interruzioni, disturbi, eccezioni). Si dovrebbe fare in modo di allineare il proprio bioritmo lavorativo alle attività giornaliere, dedicando le ore di minima forma alla gestione delle seccature e si dovrebbe imparare a gestire il lavoro per priorità anziché per urgenza, imparando a delegare soprattutto le attività ad alta urgenza, ma bassa importanza.
Quando si avvicinano le feste, poi, fate pulizia sulla vostra scrivania. Vi potrebbe capitare di ritrovare del materiale seppellito da tempo; vi sentireste in colpa per un po', ma potrebbe uscirne un lavoro interessante...