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Mediocrissimi media

, di Giovanni Fattore - ordinario presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche
Tre idee per far incontrare l'offerta con la domanda

I servizi offerti dai media risultano dall'incrocio tra domanda e offerta. Le persone dovrebbero chiedere servizi che li divertano, nelle diverse accezioni del termine, e che le aiutino a essere lavoratori più produttivi, consumatori più attenti e cittadini più sensibili all'interesse pubblico. L'offerta dovrebbe reagire a questa domanda offrendo servizi sempre migliori rispetto a queste attese, innovando sia sui prodotti che sui processi per mantenere efficiente il sistema. Ovviamente, un assetto concorrenziale dovrebbe aiutare a rendere l'offerta più rispondente alle esigenze dei cittadini, perché situazioni di monopolio comporterebbero extra-profitti e posizioni di rendita. Questa la teoria, ovviamente iper-semplificata.

Giovanni Fattore

Almeno per i due più importanti media tradizionali, giornali e televisione, la realtà appare molto lontana dal modello teorico di riferimento. Il risultato dell'incrocio tra domanda e offerta è una televisione di divertimento centrata su moderni 'rischiatutto', pochi film di qualità, serie interminabili di telefilm. Il tutto compensato dalla tristezza di telegiornali direttamente o indirettamente schierati politicamente, che trovano un terreno neutrale nella cronaca, spesso però orientata a colpire la pancia degli ascoltatori invece che a farli riflettere. Condisce l'insieme una pubblicità martellante il cui contributo informativo è sempre più limitato.

Per i giornali il discorso è un po' più complesso, anche perché probabilmente sono maggiormente colpiti dalla rivoluzione tecnologica in corso. Comunque, anche per questi media l'incrocio tra domanda e offerta non sembra avere stimolato la qualità, soprattutto se intesa come contributo al benessere e alle capacità delle persone. I quotidiani gratuiti hanno popolarizzato una visione estrema dell'informazione sintetica e sensazionale, mentre quelli tradizionali sembrano fare fatica a mantenere i servizi necessari per offrire approfondimenti, inchieste, interviste originali, commenti di qualità. Il risultato è che sempre più lettori usano altre fonti per informarsi e formarsi, con il paradosso che cerchiamo di conoscere l'Italia da articoli sul New York Times o l'Economist.

So what? Propongo tre suggerimenti su questo tema così strategico. Primo, poniamo il tema dei media e dell'informazione al centro della crisi politica, sociale ed economica di questo paese. I media hanno contribuito alla crisi non riuscendo a dare un contributo sul piano culturale per contrastarla. La crisi si affronta anche riconoscendo la strategicità dei media e facendo politiche dell'informazione. Secondo, l'informazione è un tema in cui i radicalismi sono destinati a produrre risultati disastrosi. Le posizioni del tipo "tutto pubblico" o "tutto privato" sono pericolosamente ideologiche. La natura di bene pubblico dell'informazione è indubbia, come il fatto che le capacità di analisi e utilizzo delle informazioni da parte dei cittadini producano un ritorno collettivo. D'altra parte, è indubbio che il pluralismo è assicurato sia dagli assetti democratici a cui rimanda la governance pubblica, sia da attori indipendenti che non rispondono direttamente al potere politico ma che rispettano le regole necessarie a far funzionare il mercato. Che quindi si riconosca la funzione pubblica dell'informazione e si realizzi un mercato in cui pubblico e privato si valorizzino a vicenda. Terzo, lavoriamo meno sui modelli e più su soluzioni pragmatiche in grado di produrre risultati apprezzabili, anche se non ottimali. Forse è vero che l'ottimo è il nemico del buono.