Ma Jevons, Menger e Walras erano davvero cardinalisti?
In un paper in fase di revisione per la pubblicazione (Were Jevons, Menger and Walras Really Cardinalists? On the Notion of Measurement in Utility Theory, Psychology, Mathematics and other Disciplines, ca. 1870–1910, Università di Torino-CESMEP Working Paper Series 03/2010, rivisto e risottoposto a History of Political Economy) Ivan Moscati (Dipartimento di Economia) sostiene che la tradizionale dicotomia tra utilità cardinale e utilità ordinale è inadeguata per ricostruire adeguatamente la storia della teoria dell'utilità, e che al quadro interpretativo usuale dovrebbe essere aggiunta una terza e più stringente forma di utilità, coerente con il cosiddetto concetto classico di misurazione.
L'analisi economica delle decisioni umane è largamente basata sulla nozione di utilità e l'attuale teoria microeconomica fa sostanzialmente riferimento a due forme di utilità: ordinale e cardinale. Nell'approccio ordinale si ipotizza che l'agente economico sia capace di confrontare l'utilità di diverse alternative, e perciò di stabilire che, ad esempio, l'utilità dell'alternativa A è maggiore di quella dell'alternativa B. Nell'approccio cardinale, che impone maggiori vincoli, si ipotizza che l'agente economico sia non solo capace di confrontare l'utilità delle alternative, ma che sappia anche confrontare le differenze tra utilità e stabilire, ad esempio, che la differenza di utilità tra le alternative A e B è maggiore della differenza di utilità tra le alternative C e D.
La dicotomia tra utilità cardinale e ordinale propria della teoria microeconomica contemporanea ha fortemente influenzato il modo in cui viene ricostruita la storia della teoria dell'utilità. Secondo la versione standard di questa storia, in una prima fase, durata a grandi linee dal 1870 al 1910, William Stanley Jevons, Carl Menger, Léon Walras e gli altri primi marginalisti trattavano l'utilità come misurabile cardinalmente. In una seconda fase, inaugurata da Vilfredo Pareto intorno al 1900 e conclusa con la pubblicazione di Value and Capital (1939) di John Hicks, i teorici dell'utilità si sarebbero allontanati dal cardinalismo e avrebbero abbracciato l'approccio ordinale all'utilità.
Ora, argomenta Moscati, secondo la visione classica della misurazione misurare un oggetto significa calcolare il rapporto numerico tra tale oggetto e un altro oggetto scelto come unità, e questa operazione richiede molto più che il semplice confronto delle differenze tra oggetti. In particolare, il paper mostra che Jevons, Menger e Walras concepivano la misurazione nel senso classico, applicavano tale concezione alla misurazione dell'utilità e cercavano perciò di individuare un'unità di utilità e di calcolare rapporti di utilità piuttosto che di confrontare differenze di utilità. Dunque, conclude Moscati, Jevons, Menger e Walras non erano affatto cardinalisti nel senso corrente del termine.
Moscati analizza anche le strategie argomentative adottate da Jevons e Walras per superare la contraddizione tra l'importanza scientifica che essi attribuivano alla misurazione, il concetto classico che ne avevano, e l'evidente non misurabilità (in senso classico) dell'utilità impiegata nelle loro teorie economiche.
Infine, per comprendere il più ampio contesto intellettuale in cui si collocano le discussioni di Jevons, Menger e Walras sulla misurazione dell'utilità, Moscati discute il concetto di misurazione in discipline in qualche modo connesse alla teoria dell'utilità. Questa discussione evidenzia come negli anni 1870-1910, cioè gli anni in cui Jevons, Menger e Walras erano attivi scientificamente, la nozione classica di misurazione dominava non solo la teoria dell'utilità, ma anche le altre discipline considerate. Questa circostanza aiuta a spiegare come mai i tre fondatori del marginalismo rimasero legati al concetto classico di misurazione anche se esso mal si adattava alle loro pratiche economiche.