Ma il commercio porta diseguaglianza
Secondo le più recenti stime fornite dalla Banca Mondiale più di un miliardo di persone, pari a circa un quarto degli abitanti dei paesi in via di sviluppo (il 25,2% del totale) nel 2005 viveva in condizioni di povertà estrema, vale a dire con un consumo inferiore a 1,25 dollari al giorno. Più di due miliardi, circa la metà dell'intera popolazione dei paesi in via di sviluppo, viveva con un consumo giornaliero inferiore ai 2 dollari. Queste cifre, anche se appaiono ancora molto elevate, sono in realtà il risultato di una drastica diminuzione della povertà dal 51,8% del 1981 e dal 30,6% del 2002, anche se la tendenza non è uniforme. La povertà è diminuita in modo significativo in alcuni paesi (Sud-Est asiatico, Cina, Medio Oriente e Africa del Nord) proprio in corrispondenza di una accelerazione del processo di crescita. È diminuita molto più lentamente in paesi come l'India e quelli dell'America Latina, mentre è addirittura cresciuta nella maggior parte dei paesi dell'Africa sub-sahariana e nei paesi dell'Est europeo.
Contrariamente alle predizioni ottenibili dai principali modelli teorici, l'intensificarsi degli scambi internazionali è stato accompagnato da un processo di 'divergenza' invece che di 'convergenza' tra paesi. La globalizzazione, intesa come progressiva integrazione dei mercati reali, dei beni e dei servizi ha finito con il favorire una divisione internazionale del lavoro nella quale i paesi arretrati si sono specializzati nella produzione di quei beni per i quali le prospettive di crescita della produttività del lavoro sono più limitate. Secondo alcuni autori, tra globalizzazione e crescita sembra esistere una relazione diretta, tra crescita e povertà invece una relazione inversa. Secondo un lavoro di ricerca della Banca Mondiale, effettuato su un ampio gruppo di paesi, una crescita neutrale (senza mutamenti significativi nella diseguaglianza) riduce sempre la povertà. Nel ventennio 1980-2000 i risultati migliori in termini di crescita del reddito pro capite e della produttività si erano registrati in quei paesi maggiormente orientati a politiche di potenziamento dell'interscambio con l'estero e di attrazione degli investimenti diretti dall'estero. Un recente contributo del National Bureau of Economic Research, invece, sulla base dei risultati di un'ampia indagine empirica, giunge a conclusioni in parte divergenti. Esse possono essere così sintetizzate: 1) l'abbondanza di lavoro non qualificato non garantisce affatto ai poveri dei relativi paesi vantaggi "da liberalizzazione commerciale", dato che non risultano verificate in realtà né le condizioni di mobilità del lavoro né quelle di assenza di barriere all'entrata e all'uscita per le imprese; 2) alla globalizzazione commerciale dovranno essere affiancate, per 'afferrarne' i guadagni, politiche ulteriori, idonee a favorire la mobilità del lavoro; 3) l'integrazione finanziaria, in quanto portatrice di instabilità (specie in situazioni di 'fragilità istituzionale') è onerosa per i poveri, e le crisi finanziarie che si sono succedute (fra cui quelle asiatiche) sono di questo una dimostrazione convincente. Infine (4) la non univocità della relazione fra povertà e globalizzazione emerge dal peso del fattore 'progresso tecnico', nella misura in cui questo ultimo è indipendente dalla globalizzazione ed è invece rilevante nel determinare i differenziali di reddito. Un riesame delle teorie economiche e delle politiche di sviluppo realizzate in questo dopoguerra ha messo in luce come, in realtà, le politiche commerciali, di aiuto pubblico allo sviluppo e di lotta alla povertà nonché le politiche tradizionali di aggiustamento degli squilibri macroeconomici siano destinate al fallimento se non sono accompagnate da un miglioramento del contesto istituzionale come la diffusione e la difesa dei diritti proprietari nonché da regole di governance che frenano la cattiva allocazione delle risorse, creano incentivi di mercato, promuovono l'investimento in capitale umano in modo da favorire l'importazione e la diffusione di innovazioni e di tecnologie.