Ma e' cosi' che si blocca la crescita?
Le imposte in Europa sono troppo alte? Se sì, quanto 'costa' un elevato livello di tassazione? Come si sono modificati i sistemi fiscali nei paesi europei negli ultimi venti anni? Ci si sta muovendo verso un modello unico di tassazione oppure continuano a sopravvivere nei diversi paesi scelte profondamente diverse in materia fiscale?
I dati degli ultimi quaranta anni evidenziano che i paesi europei sono quelli a più alta tassazione tra i paesi Ocse. Il rapporto tra imposte e pil è aumentato in modo considerevole negli anni Settanta e Ottanta, quando lo stato sociale di questi paesi ha raggiunto la maturità, e ha poi seguito andamenti parzialmente diversi a seconda dei paesi considerati. Nei paesi dell'Europa continentale e del Nord la crescita nell'imposizione si è stabilizzata, mentre in quelli del Sud Europa ha continuato a salire. Poiché i primi si caratterizzavano per un'elevata tassazione, i secondi li hanno sostanzialmente raggiunti, determinando una convergenza nel livello di imposizione europea. La tassazione sul lavoro continua a essere la componente del sistema fiscale su cui si concentra la maggiore attenzione. Riduzioni nella tassazione del lavoro sono spesso indicate come precondizione per un rilancio dell'economia e certamente il taglio nel numero di scaglioni e nelle aliquote che si è verificato a partire dalla metà degli anni Ottanta nella maggior parte dei paesi europei ha avuto questa motivazione. Ma possiamo sapere qualcosa di più di queste riforme? È possibile ricostruire le modifiche che hanno interessato i sistemi fiscali dei paesi europei in maggiore dettaglio? Se l'obiettivo è rendere il sistema meno progressivo, quali sono gli strumenti che i paesi europei hanno più frequentemente utilizzato? E con quali risultati, in termini, ad esempio, di tassi di occupazione e disoccupazione, i salari o la disuguaglianza nella distribuzione del reddito? Nonostante nel dibattito di politica economica si tenda molto spesso ad associare alta tassazione a bassa performance, le conclusioni della teoria in merito all'impatto della tassazione sugli esiti economici sono molto più incerte. L'evidenza empirica può certamente aiutare a dirimere queste ambiguità. Tuttavia, al momento l'analisi comparata delle diverse esperienze nazionali presenta numerosi limiti. Un primo problema che si pone riguarda la disponibilità di una accurata descrizione delle riforme in ambito fiscale che consenta la comparabilità delle stesse nel tempo e fra paesi e che sia di immediato utilizzo in analisi di tipo quantitativo. La letteratura empirica ha cercato di risolvere questo problema utilizzando indicatori quali, ad esempio, il cuneo fiscale sui salari per specifiche tipologie di lavoratori. Tuttavia, le analisi basate su dati aggregati non consentono in generale di cogliere i possibili effetti di sostituzione fra segmenti del mercato del lavoro, causati, ad esempio, da riforme indirizzate verso determinati target. Da questo punto di vista, segnaliamo un importante progetto della Commissione Europea in cui Econpubblica è coinvolta che potrà dare una mano su questo fronte e consentirci una facile classificazione delle riforme, per scopi descrittivi e di analisi econometriche. Un secondo limite riguarda la difficoltà di individuare un effetto causale fra riforme fiscali ed esiti sul mercato del lavoro in una prospettiva comparata. Si tratta di un argomento particolarmente delicato, in quanto la confusione fra nessi di causalità e correlazioni statistiche rischia di indurre a scelte di policy che non sortiscono poi i risultati previsti. Da questo punto di vista, auspichiamo la diffusione di una seria cultura di valutazione delle politiche pubbliche, di cui sicuramente potrebbero beneficiare i decisori di politica economica, gli amministratori pubblici e, in definitiva, i cittadini europei.