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Liberalizzare fa bene. Lentamente

, di Francesco Daveri - direttore Mba Sda Bocconi School of Management
Uno studio su un campione di imprese francesi e italiane dimostra che diminuendo le barriere all'entrata la produttività aumenta. Ma attenti a parlare di rivoluzione

Il decreto Cresci-Italia vuole favorire la concorrenza economica e l'efficiente funzionamento delle infrastrutture di pubblica utilità. Nell'insieme, le misure proposte, una combinazione di istanze e provvedimenti liberali e di interventi dall'alto su interi settori, vogliono andare oltre le affermazioni di principio per arrivare a una riorganizzazione che promuova l'efficienza nei settori coinvolti. Il decreto è andato molto oltre rispetto agli annunci di grandi ma inefficaci riforme costituzionali che avevano dominato il dibattito politico negli ultimi anni.

Il problema dei problemi per gli anni a venire è se il decreto sarà davvero efficace nell'incoraggiare la ripresa della produttività la cui dinamica ha subito un grave rallentamento in tutta l'economia italiana dopo il 1995, dunque ben prima della crisi attuale. Studiare l'impatto delle riforme sulla produttività è tuttavia problematico. Le riforme, come quelle recentemente approvate, sono spesso provvedimenti complessi e multi-dimensionali, il che complica l'identificazione degli effetti desiderati. C'è in poche parole una grande domanda di valutazione degli effetti delle riforme ma l'offerta di studi che riescono a misurarne gli effetti con precisione scarseggia. Un modo di affrontare il problema è quello di delimitare la research question, in modo da aumentare la probabilità di isolare l'effetto della variabile che interessa. Il costo quasi inevitabile è l'impossibilità di dare una risposta complessiva alla domanda di valutazione formulata dalla politica e dalla società. In un recente ricerca da me condotta con Remy Lecat e Maria Laura Parisi presso la Banque de France (Service deregulation, competition and the performance of French and Italian firms, Document de Travail 346, October 2011), abbiamo messo in pratica questo approccio per studiare la relazione tra la deregolamentazione dei servizi di pubblica utilità e del commercio al dettaglio e la dinamica della produttività in un campione di migliaia di imprese francesi e italiane tra il 1995 e il 2007. In questo periodo di tempo, infatti, in differenti momenti e settori nei due paesi, si sono susseguiti vari episodi di liberalizzazione dell'offerta e della distribuzione di servizi. Con la crisi successiva al 2008 questi esperimenti si sono bruscamente interrotti, il che rende del tutto appropriato fermare l'analisi al 2007. Proprio per isolare con precisione alcuni degli effetti importanti delle liberalizzazioni, abbiamo spezzato il problema in due, stimando prima la relazione tra specifiche misure di riduzione delle barriere all'entrata in un settore (un modo, non l'unico, di liberalizzare) e il mark-up, il margine sui costi operativi aziendali. Il risultato di questa parte dell'analisi indica che, come atteso sulla base dei testi di microeconomia, la deregolamentazione è associata a una riduzione del mark-up. Nel secondo stadio dell'analisi abbiamo poi analizzato la relazione tra mark-up e produttività, riscontrando una relazione negativa. Un segno che la presenza di rendite è evidentemente associata a una minore propensione a innovare e ad accrescere l'efficienza. Nel complesso, una riduzione delle barriere all'entrata fa bene alla produttività aziendale. Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono una certa cautela quando si pensa agli effetti delle riforme sulla produttività. Gli effetti ci sono, ma richiedono tempo e non sono di entità tale da rivoluzionare la dinamica della produttività, almeno quando si concentra l'attenzione sulle imprese già esistenti e all'interno del settore dove le riforme hanno luogo.