L'Europa proibira' il velo islamico?
Cresce in Europa l'opposizione all'uso pubblico del velo islamico che nasconda totalmente o quasi il volto, cioè il burqa e il niqab. In Belgio il parlamento ha approvato una legge in tal senso e la Francia si avvia nella stessa direzione. Nel paese transalpino l'uso del velo, anche del più comune hijab, è già vietato dal 2004 nella scuola al pari di qualsiasi altro simbolo ostentato di appartenenza religiosa, dal crocefisso al collo alla kippà ebraica in testa a tutela dell'uguaglianza degli alunni e della laicità dell'educazione. In Italia il divieto al velo integrale in pubblico è stato emanato in qualche comune ad amministrazione leghista, al di là del divieto di polizia per tutti di nascondere la propria identità per ragioni di ordine pubblico. Il marito della prima donna musulmana multata ha rivendicato dapprima la libera decisione della consorte di coprirsi secondo la tradizione, poi ha dichiarato che se il divieto era inderogabile lui avrebbe chiuso la moglie in casa!
Quali valori si vogliono tutelare col divieto? L'uguaglianza tra i sessi, sul presupposto che la donna musulmana non sceglie liberamente di velarsi ma vi è più o meno costretta dalla famiglia e dall'ambiente? La diffusione dei valori di uguaglianza tra i nuovi immigrati per indurli ad accettare il nostro stile di vita 'occidentale'? O si tratta semplicemente di un rifiuto verso usanze che sentiamo aliene, che offendono la nostra sensibilità, un segno di chiusura verso l'accettazione della diversità, dell'espressione di altre culture? Nei mitici anni '60 tre miei compagni vennero respinti all'ingresso del Parini dal preside perché indossavano i jeans e furono sospesi per due giorni. Negli stessi anni il bikini sulle spiagge del Meridione era considerato scandaloso. L'Europa appare incerta e divisa davanti all'ondata inarrestabile di immigrati con i loro usi e costumi diversi, alcuni semplicemente pittoreschi e innocui, altri indici di mentalità e forme di vita che ci appaiono incompatibili con i nostri valori, forieri di destabilizzazione e di violenze (si pensi alla coazione dei padri sulle figlie occidentalizzate, ma il motivo d'onore era riconosciuto dal nostro codice penale come attenuante per l'omicidio fino a 50 anni fa...). Anzitutto non è chiaro quale sia il fondamento dell'uso del velo. Se fosse un segno religioso verrebbe coartata in modo inammissibile la libertà religiosa. Ma molti iman lo negano e il suo porto in pubblico è vietato in paesi come la Turchia (col beneplacito della Corte europea dei diritti umani), l'Egitto, la Tunisia. Oppure è segno di una rivendicazione politica, ma è difficile sostenere che chi lo porti o lo faccia portare sia per ciò solo un pericoloso fondamentalista islamico. Gli inglesi sono intransigenti a difesa della libertà individuale, quando non siano violati i diritti altrui; anzi accusano la Francia di tradire i valori della rivoluzione del 1789. Altri vogliono porre un argine a un multiculturalismo considerato pericoloso, tale da attentare alla coesione della società, in nome dell'integrazione. Ma si può promuovere quest'ultima con la coazione? L'integrazione è un cammino lungo, un'evoluzione sociale, basata sull'accoglienza di chi accetta i paradigmi fondamentali del vivere europeo, di cui la libertà individuale e il pluralismo anche nei modi di vita sono elementi essenziali. In mancanza di coartazione o di specifici motivi di ordine pubblico, un divieto poliziesco ci pare francamente contraddittorio.