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L’Europa delle donne, oltre il soffitto di vetro

, di Anna Boccassini
Cinque professioniste si confrontano presso la libreria Egea: riflessioni, idee e spunti perché le donne siano sempre più protagoniste. Anche in Europa.

Cinque punti di vista al femminile in tema di Europa e di donne, cinque professioniste che si sono confrontate l'8 marzo scorso in un incontro del ciclo "Serate del Villaggio Europeo", presso la libreria Egea di via Bocconi 8. La serata, promossa dalla Rappresentanza di Milano della Commissione Europea in collaborazione con la Libreria dell'Università Bocconi, ha dato voce a donne che per professione vivono i temi dell' Europa e del ruolo femminile nella società in un intreccio continuo e appassionato.

Donne e consumi, per fortuna c'è l'Europa
Non nasconde una punta di amarezza la giornalista Anna Bartolini. Mostra una delle sue prime pubblicazioni, "La donna in Europa", del 1975, tradotta allora in sei lingue.


Anna Bartolini

"Ne sono fiera, ma allo stesso tempo mi rende malinconica: in questi 30 anni poco è cambiato. Molte problematiche sono invariate". Certo, ci sono anche alcuni segnali positivi, come la recente norma che prevede che il 40% dei posti di magistrato sia riservato a donne, e il fatto che in alcuni paesi le donne inizino a farsi strada in politica come primi ministri o capi di stato (come Angela Merkel in Germania o Michelle Bachelet in Cile). L'impegno per il quale Bartolini è oggi più nota è quello della difesa dei consumatori. "Il mio rapporto con le donne è soprattutto di 'borsa della spesa' - spiega la giornalista -: credo che le consumatrici siano consapevoli del fatto che se non ci fossero state molte normative europee, come consumatori non avremmo ottenuto quasi niente. Hanno perciò ben chiaro quello che l'Europa significa per loro".

Donne e imprese, ancora lontano dai CdA
"La mia riflessione non vuole essere né ottimista né pessimista, solo descrittiva: siamo gli ultimi". Del ruolo delle donne nelle imprese italiane parla Cristina Bombelli, docente


Cristina Bombelli

Bocconi e coordinatrice del Laboratorio Armonia della SDA Bocconi School of Management, network di aziende che si occupa della gestione del tema della diversità. I dati del World Economic Forum sul gender gap parlano chiaro: l'Italia è 47a su 59 paesi. Questo sia a causa del numero delle donne che lavorano, sia dei loro percorsi di carriera. La percentuale di presenza femminile nei consigli di amministrazione italiani è del 3%. In Finlandia è del 40%. Che fare, allora? "Nessuno, se interpellato, dirà mai che le donne non vanno bene. Però, di fatto, quando si apre una posizione, si finisce per scegliere un uomo", osserva Bombelli. Due, dunque, le direzioni nelle quali lavorare: la cultura organizzativa da una parte, perché trasparenza e meritocrazia guidino sempre più la scelta dei ruoli, soprattutto di quelli che contano; un aiuto alle donne dall'altra, per rinforzare alcune delle competenze "interiori" necessarie a ricoprire ruoli alti.

Donne e istituzioni: meglio le quote rosa?
La presenza delle donne nelle grandi istituzioni viene esaminata da Maria Grazia Cavenaghi Smith, direttrice dell'ufficio di Milano del Parlamento Europeo. "Su 30 uffici


Maria Grazia
Cavenaghi Smith

esterni del Parlamento Europeo, solo tre sono diretti da donne. Eppure, all'interno delle istituzioni europee il Parlamento è l'organismo con il maggior numero di donne elette, attorno al 33-35%". Anche in questa sede, però, l'Italia rimane molto indietro, con un 10% di donne elette, contro picchi del 47% della Finlandia. "Io mi sono sempre professata contraria alle quote rosa - spiega Cavenaghi Smith -, ma ora mi rendo conto che la mia era solo una forma di snobismo. Non tutti hanno, come ho avuto io, la possibilità di fare esperienze internazionali fin da giovanissimi. Non tutti partono dallo stesso livello. In un paese come l'Italia, in cui la maggioranza della popolazione è donna e solo il 10% è ai posti di potere in politica, io ritengo che l'unica maniera per migliorare la situazione siano le quote rosa".

Donne e giornalismo, si entra ma non si sale
"All'apice della carriera giornalistica, il ruolo di direttore è coperto per l'1,96% da donne, contro un 98,4% di uomini". Maria Grazia Coccia, caporedattore della Rai di Milano,


Maria Grazia Coccia

anima dell'unico programma che si occupa in maniera stretta di Europa (dal titolo, appunto, di "Europa") si fa testimone di un ambiente popolato da donne, ma ancora quasi totalmente maschile per quanto riguarda le posizioni che contano. "Nei telegiornali si sentono molte voci femminili, giovani ragazze alle prime armi, a volte praticanti, precarie, maggiormente controllabili, che non possono dire di no. Ai bassi livelli, l'equilibrio tra donne e uomini è al 50%. Ma non si sale". Lei è una delle poche che di strada ne ha fatta, e racconta di come ha utilizzato la sua sensibilità per cercare di raccontare l'Europa in modo fresco e immediato: dal basso, attraverso le storie dei protagonisti, valorizzando le voci straniere.

Donne e cinema, qui l'Europa è davvero unita
"Per quello che posso dire alla luce della mia esperienza, al di là delle difficoltà di


Patrizia Rappazzo

identificare un'Europa solida in termini economici e politici, all'interno del festival che dirigo si cominciano a vedere co-produzioni europee, come "Ryna", il film che ha vinto la rassegna, co-produzione svizzero-rumena". Patrizia Rappazzo, direttore artistico del festival "La regia al femminile: sguardi altrove" testimonia come le opere di artiste europee siano particolarmente apprezzabili per originalità e singolarità narrativa. Opere molto diverse da quelle holliwoodiane: temi che riflettono una realtà quotidiana, ambientati nella provincia urbana, che creano identificazione dello spettatore con i soggetti portati sullo schermo.