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Le reti finiscono nella rete dei fondi

, di Matteo Di Castelnuovo, Stefano Gatti e Caterina Miriello - rispettivamente direttore del Mager Bocconi, professore associato presso il Dipartimento di finanza e assegnista di ricerca al Dipartimento di economia
L'ondata di acquisizioni nel settore della distribuzione di energia seguita al pacchetto Ue del 2009 vede attive, nel ruolo di compratrici, anche parecchie società finanziarie
Matteo Di Castelnuovo, Stefano Gatti e Caterina Miriello

Negli ultimi anni, e specialmente dal 2009 dopo l'introduzione del terzo Pacchetto energia della Ue, si è assistito a un considerevole aumento del numero di M&A di infrastrutture di trasporto dell'energia in Europa. Questi cambiamenti nella proprietà delle reti, cominciati più di vent'anni fa sotto l'impulso delle privatizzazioni, sono tuttora in corso in diversi paesi europei e coinvolgono sia le infrastrutture dell'elettricità sia quelle del gas, localizzate sia onshore che offshore. Il fenomeno relativamente nuovo è che negli ultimi anni le reti controllate dalle utility sono divenute oggetto di acquisizioni anche da parte di soggetti estranei al mondo dell'energia. A causa del ruolo sempre più rilevante detenuto dalle infrastrutture di rete all'interno dei mercati liberalizzati dell'energia, tali cambiamenti appaiono tutt'altro che irrilevanti.

Una ricerca Iefe/Carefin sta studiando l'impatto economico, regolatorio e finanziario che tali cambiamenti nell'assetto proprietario delle reti possono avere sui mercati europei del gas e dell'elettricità. Lo studio parte da una mappatura delle principali acquisizioni di società di reti gas ed elettricità a partire dal 2008 e passa poi ad analizzarne le determinanti. Lo studio analizza circa 55 deal, localizzati perlopiù nell'Europa occidentale. I risultati preliminari indicano che il fenomeno è tutt'altro che marginale: il valore medio delle transazioni è di circa 1,3 milioni di euro, e benché i soggetti acquirenti siano attori finanziari e società di rete in egual misura, un risultato interessante è che il prezzo pagato dagli acquirenti finanziari è in media decisamente maggiore. A parità di transazioni, infatti, il valore delle compravendite in cui sono coinvolti attori finanziari è tre volte superiore a quello delle compravendite in cui sono coinvolte altre società di rete.

Le motivazioni di chi vende appaiono chiare: le utility tradizionali decidono di cedere le reti perché hanno bisogno di ridurre il loro indebitamento, ma anche per adempiere alle disposizioni in materia di separazione proprietaria delle reti previste dal terzo Pacchetto, o semplicemente per prevenire un intervento diretto da parte delle Autorità Antitrust. Le motivazioni di chi acquista sono invece meno immediate, e soprattutto le implicazioni derivanti dalla natura del soggetto proprietario di una infrastruttura strategica sono più complesse da analizzare.

Le reti energetiche vengono comprate principalmente da due tipi di acquirenti: altre società di reti (tipicamente straniere) e attori finanziari, per lo più fondi infrastrutturali, fondi pensione e fondi sovrani. Un esempio di questo tipo è l'espansione nelle reti del gas europee di Macquarie, che tramite il fondo di investimenti Macquarie Infrastructure, ha acquistato i gasdotti di Rwe ed E.ON in Germania nel 2012.

Nella loro qualità di monopoli naturali, le reti energetiche sono tipicamente soggette a regolamentazione nel loro modo di operare. L'onere per la società di rete di dover sottostare a una regolazione stringente è generalmente controbilanciata dalla mancanza di una concorrenza nei rispettivi segmenti di mercato. Di conseguenza, le società di rete sono in grado di offrire rendimenti solidi e duraturi su un profilo di rischio relativamente basso, e queste caratteristiche le rendono appetibili al mondo finanziario. Ciò che resta da chiarire è se questo cambiamento nella proprietà delle infrastrutture abbia implicazioni sulle future evoluzioni del mercato energetico.

Il problema si pone soprattutto nell'ottica degli investimenti di rete e di innovazione tecnologica (ad esempio smart grid) che secondo l'Unione europea si renderanno necessari nel prossimo futuro. La ricerca intende in tal senso verificare se tali nuovi attori del mercato abbiano o meno incentivo a investire nell'espansione della rete, qualora tale espansione si rendesse necessaria e stabilire se i futuri interventi regolatori dovranno tenere conto di questa evoluzione nella proprietà delle reti.