Le private label si fanno le extension
I prodotti a marchio commerciale, le cosiddette private label, hanno riscosso un successo particolarmente marcato in Europa, dove hanno una quota di mercato più elevata rispetto al resto del mondo (il 35% secondo Nielsen 2013). In Italia la quota è ancora nettamente al di sotto della media europea, ma il trend è in costante crescita e, nei primi mesi del 2013, ha superato il 18%.
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Se originariamente la strategia dei retailer era basata esclusivamente sull'offerta di prodotti che replicavano l'offerta industriale (me too) proposti a un prezzo più conveniente, oggi le marche commerciali si sono trasformate in alternative d'offerta sempre più evolute, in grado di competere con successo con le marche industriali a tutti livelli della scala prezzi degli assortimenti.
Lo conferma una recente ricerca dell'Osservatorio Retailing dalla SDA Bocconi, che ha confrontato marche commerciali e marche industriali rispetto alla pratica della brand extension. Fino ad ora gli studi sul tema si sono focalizzati esclusivamente sull'estensione di brand promossi da imprese manifatturiere, dimostrando come l'estensione è valutata in modo più positivo quando a proporre il nuovo prodotto è un brand noto ai consumatori e quando l'estensione avviene in una categoria merceologica percepita come simile rispetto a quelle in cui tradizionalmente opera il brand. La ricerca sperimentale si è focalizzata su quattro categorie di fast moving consumer good (latte, merendine, trattamento corpo e detergenti) e ha coinvolto in totale 1.951 soggetti in Italia.
Un primo risultato interessante rivela come le private label siano oggi perfettamente allineate nelle percezioni dei clienti ai marchi industriali in termini di fiducia riposta nel brand. Si conferma inoltre che il brand noto riceve una valutazione migliore di quello non noto e, nel caso dei marchi industriali, la valutazione diminuisce con l'allontanamento della categoria di estensione da quella di partenza. Il risultato davvero interessante è che il ruolo giocato dalla tipologia di estensione (in categoria vicina piuttosto che lontana) non è invece rilevante per le private label: la valutazione dei consumatori non varia in relazione a questa variabile per le diverse categorie merceologiche. Si può affermare pertanto che se il brand noto vince la sfida con la private label nella categoria vicina, esso viene superato (nel caso di private label nota) dai marchi commerciali nella categoria più lontana. Appare quindi evidente il vantaggio dei retailer nel portare avanti una strategia di estensione del loro brand più aggressiva e svincolata dalle tradizionali categorie di prodotto. Ciò rappresenta una minaccia ai marchi industriali e alle imprese di servizi perché si aprono ai distributori notevoli potenzialità di estensione. Alcuni retailer evoluti hanno infatti già colto tali potenzialità e si sono estesi in aree di business svincolate dalla tradizionale funzione commerciale, facendo leva sulla vicinanza con i clienti finali di cui godono grazie ai punti vendita, che rappresentano la principale fonte di questo potenziale d'estensione. Alle imprese produttive resta quindi la scelta di cogliere questa sfida, cercando di colmare in autonomia questo gap relazionale con la domanda (scendendo a valle con integrazioni nel retail), o allearsi con i distributori per sviluppare metodi innovativi di co-creazione del valore.
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Prodotti a marchio commerciale: come cresce la quota di mercato in Italia |