Le performance delle aziende: una “valutazione” storica
Lo studio delle performance delle imprese, nella prospettiva della storia economica e del concetto di profitto e redditività, è un tema cruciale per la storia d'impresa, seppur ancora poco approfondito da parte degli studiosi. Tale studio solleva una serie di problemi di natura teorica, metodologica e storiografica, oggetto di discussione nel corso del quinto Colloquio internazionale "Business Performance in the 20th Century. A Comparative Perspective".
Ospitato in Bocconi dal 14 al 16 ottobre scorso, il convegno si è tenuto sotto la direzione scientifica di Youssef Cassis (Università di Ginevra e London School of Economics) e di Andrea Colli (Università Bocconi).
Obiettivo di fondo: comprendere, valutare e misurare correttamente le performance delle aziende, soprattutto in un momento storico come quello attuale in cui notevoli scandali hanno caratterizzato la vita di alcune grandi società.
Nell'indagine di un tema di tale portata, per il quale non è possibile certo trascurare gli aspetti di natura istituzionale che influenzano strutture, strategie e risultati delle imprese, viene da chiedersi quale ruolo hanno le forme organizzative, gli assetti proprietari, la fisionomia settoriale, le modalità di governance adottate nel determinare i livelli di efficienza delle imprese? E qual è, invece, quello del processo innovativo?
Si tratta di questioni generali che possono trovare riscontro diretto nell'evidenza empirica fornita da alcuni progetti di ricerca in corso a livello internazionale, in particolare in Europa e in Giappone. Il colloquio si è proposto di sviluppare, un confronto a partire da riflessioni teoriche tra questi importanti progetti di ricerca che intendono porre il concetto di performance al centro dell'indagine storiografica.
Franco Amatori, docente di Storia d'impresa all'Università Bocconi, ha aperto il dibattito soffermandosi sulle sfaccettature del concetto di performance e sulla difficoltà nel misurare i risultati delle imprese in prospettiva storica; e, poi, è toccato a Youssef Cassis, coordinatore del progetto di studio europeo "The Performance of European Business in the 20th Century", entrare nel vivo del problema.
Dopo una breve presentazione della ricerca, che ha l'obiettivo di studiare in prospettiva storico-comparata i risultati conseguiti dalle maggiori società europee durante il secolo scorso, Cassis ha scelto di porre i suoi interrogativi ai diretti protagonisti della vita delle imprese, imprenditori e manager esperti presenti all'incontro. Tra i principali punti critici sono emersi in particolare: gli strumenti attraverso i quali misurare le performance delle imprese (profitti piuttosto che altre variabili come la quota di mercato, la dimensione, la longevità, gli attivi ecc.), la possibilità di considerare attendibili i dati forniti dalle aziende e la relazione tra la performance a livello microeconomico e di sistema economico più generale.
Aldo Fumagalli, presidente e amministratore delegato del gruppo chimico SOL, ha spiegato come, nel caso della sua impresa, la performance sia valutata giorno per giorno in base al grado di raggiungimento di molteplici finalità. Il metodo di misurazione utilizzato per valutarne il conseguimento è differente a seconda dei diversi obiettivi che l'azienda si prefigge. A livello generale, Fumagalli ha evidenziato l'importanza di piani strategici pluriennali riadattati con frequenza biennale, del budget economico-finanziario, dell'analisi comparata degli indici di bilancio e dell'attività di confronto con i comportamenti e i risultati dei concorrenti. La valutazione delle performance alla SOL passa, nel contempo, anche attraverso il controllo del perseguimento di finalità più specifiche, quali l'attenzione verso i profitti netti e i dividendi, il monitoraggio quotidiano dell'equilibrio finanziario, la gestione della propria diversificazione e internazionalizzazione, la verifica della soddisfazione dei clienti, la concentrazione nello sforzo innovativo a ogni livello e la conformità ai parametri sull'ambiente e sulla sicurezza.
Tuttavia, il "luogo" dove misurare la performance di un'impresa resta sempre, e prima di tutto, il mercato. Lo ha ricordato Fulvio Ortu, economista e professore di Matematica finanziaria in Bocconi, citando la teoria della Scuola di Chicago. Nonostante un'ottica legata esclusivamente al mercato non sia certo sufficiente, da sola, a spiegare la complessità di alcuni fenomeni, Ortu ha sottolineato come i comportamenti degli investitori possano essere estremamente razionali nell'attribuire un determinato valore alle società, in quanto le loro valutazioni incorporano le informazioni disponibili e considerano l'incertezza sulla previsione dei futuri cash flow (come è avvenuto nel caso di rotture tecnologiche quali la diffusione di Internet).
Durante la discussione non si è tralasciato di porre enfasi anche sull'importanza delle capacità di gestire l'impresa in modo tale da incrementarne il valore. A questo proposito Elserino Piol, presidente di Pino Venture Partners, ha precisato che, in base alla sua esperienza, l'unica strada per garantire a una società una buona performance è, quella dell'innovazione intesa in una accezione più ampia, che riguardi costantemente l'attività produttiva, il processo di produzione, il rapporto con il mercato e la comunicazione con gli azionisti. Considerare in maniera ottimistica la performance di un'impresa solo perché presenta profitti elevati può rivelarsi, infatti, un'operazione pericolosa. "Buoni risultati provenienti da una determinata attività o da un tradizionale modo di gestire un'impresa – ha ribadito Piol - tendono a rendere troppo spesso imprenditori e manager miopi e poco versatili rispetto ai cambiamenti del mercato. In questo contesto tali livelli di profitto in uno specifico momento possono essere determinanti anche nel peggiorare, in seguito, i risultati delle società e, pertanto, non essere propriamente sinonimo di buone performance".
Le caratteristiche in grado di garantire eccellenti performance nel lungo periodo sono state suggerite da Louis Quagliata, direttore del Collegio di Milano. Le imprese che hanno mantenuto più a lungo ottimi risultati non sono state necessariamente caratterizzate da alti livelli di innovazione tecnologica, né da specifici assetti proprietari o organizzativi, ma hanno puntato piuttosto sulla qualità delle risorse umane e su una valida leadership portata avanti con chiarezza e semplicità di idee.
Diventa quindi indispensabile rimarcare come una profonda indagine della vita delle imprese non possa limitarsi a osservarne i profitti, ma debba confrontarsi in maniera continuativa anche con i valori e le convinzioni di chi le guida e dell'ambiente in cui esse operano.
L'ISE
L'Istituto di Storia Economica dell'Università Bocconi insieme all'ASSI (Associazione per gli Studi Storici sull'Impresa) organizza dal 1996, con cadenza biennale, un colloquio internazionale su argomenti di business history, affrontati in prospettiva comparata. Nel corso degli anni gli incontri hanno visto la partecipazione di prestigiosi studiosi provenienti dall'Europa, dagli Stati Uniti, dal Giappone e dal Sud America.
L'iniziativa è legata a una collana della Cambridge University Press, Comparative Perspectives in Business History, i cui curatori sono Franco Amatori, docente di Storia d'impresa presso l'Università Bocconi, e Louis Galambos, docente di Business History alla Johns Hopkins University di Baltimora.
Temi dei precedenti colloqui:
·"The Rise and Fall of State Owned Enterprise in the Western World" (1996)
·"Business History Around the World" (1998)
·"Global Chemical Industry since the Petrochemical Revolution" (2000)
·"Entrepreneurs and Managers" (2002)