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La trama che da' valore

, di Stefano Baia Curioni e Ludovica Leone - rispettivamente, vicepresidente del Centro Ask Bocconi e docente a contratto di management of cultural industries and institutions
Sono le alleanze strategiche tra mediatori a costruire legittimazione e consenso nell'odierno sistema dell'arte

"Ho comprato quel lavoro per 40.000 dollari cinque anni fa e oggi ho ricevuto un'offerta che lo quota un milione e mezzo", dice un collezionista con aria teatralmente preoccupata. "Non so se vendere...". Ecco un'incertezza che in molti vorrebbero condividere.

L'arte contemporanea è capace di regalare emozioni forti: sono molti quelli che hanno passato la notte davanti al Moma l'anno scorso per riuscire a guardare negli occhi Marina Abramovic, molti i collezionisti che assediano le grandi case d'asta che gestiscono volumi stellari. Ma a ben guardare, camminando tra gli stand della Frieze Art Fair a Londra e i padiglioni della Biennale, sorge la sensazione di un'estrema frammentazione nei modi dell'arte e l'impressione, sottile e persistente, che una sorta di formalismo accompagni l'arte contemporanea dentro al sistema del lusso, ma fuori dai principali dibattiti che elaborano la cultura del futuro.

Due i grandi fenomeni odierni: l'enorme crescita dell'interesse globale per le produzioni artistiche e delle infrastrutture che compongono il sistema (fenomeno degli ultimi 15 anni, che sta cambiando profondamente le ragioni e le pratiche dell'arte); la dispersione dei modi, dei significati, delle forme espressive che, se da una parte consente la professione artistica a un numero di artisti senza precedenti, lascia anche la sensazione di un'irrimediabile babele del senso, di un diffuso arbitrio e di una corrispondente, straordinaria solitudine.

La domanda che inevitabilmente ritorna è... ma l'arte? Ovvero: come si definisce su scala globale il valore di opere che non possiedono funzioni condivise, in un ambiente privo di criteri valutativi comuni oggettivi (di natura tecnica, stilistica, culturale)? In che modo le società contemporanee gestiscono il problema di trasformare le qualità (delle opere) in quantità (anche in denaro)?

Il centro Ask Bocconi ha sviluppato negli ultimi quattro anni uno studio che monitora 30 musei, 450 gallerie e oltre 10.000 artisti, studiando i loro sistemi di affiliazioni reciproche dal 2005 al 2012. Perché questo osservatorio? Il sistema dell'arte contemporanea definisce cos'è l'arte, la sua qualità, la storia dell'arte, attribuisce un valore agli artisti e alle opere. È un sistema collettivo di formazione di giudizi relativi a opere uniche (come suggerisce Lucien Karpik), costruendo legittimazione e consenso, attraverso mediatori che creano lo status dell'arte e dell'artista con raffinate alleanze strategiche. Il sistema dell'arte è una densa rete che forma opinioni e giudizi, un segmento della sfera pubblica, una sezione del gioco che forma e consacra le élite a prescindere dai loro meriti, una componente dell'egemonia culturale che il mondo occidentale tenta di mantenere su scala globale.

Sta cambiando questo mondo? In che direzione? La globalizzazione preme alle porte di un'orologeria delicata, ma le regole profonde e i giocatori di vertice per ora restano quelli: immersi in densissime reti, per certi aspetti paragonabili a quelle che Norbert Elias aveva descritto nella corte di Francia del XVII secolo. Anche se l'immaginario globale recita ancora il racconto della marginalità degli artisti e del loro ambiente, nella realtà chi è fuori dalle pipeline di vertice è marginalizzato, in uno star system che tocca sia gli artisti, sia i loro promotori.

Walter Benjamin aveva preconizzato il declino dell'aura anticamente religiosa e trascendente dell'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità tecnica. Oggi possiamo annunciare l'avvento della costruzione di un'aura negoziata sui tavoli della non riproducibilità delle gerarchie relazionali. Il valore dell'arte è questione di rete.