La sostenibile pesantezza delle piccole imprese
Secondo l'Istat, al 2008 le piccole imprese (fino a 50 addetti) pesavano, nell'industria, per quasi il 98% delle unità locali; se aggiungiamo le medie (fino a 250), arriviamo al 99,7%. Per quanto riguarda l'occupazione, le pmi al 2008 includevano un 75% del totale degli addetti nell'industria in senso stretto.
La prospettiva diacronica mostra un andamento dell'incidenza della piccola impresa nell'ambito economico italiano simile a un fiume carsico, inizialmente tumultuoso, poi più tranquillo, sommerso dalla grande impresa negli anni del miracolo, poi riaffiorante negli anni della crisi e ora rigoglioso. L'impressione di chi si occupa in prospettiva storica del ruolo rivestito dalle imprese "minori" in seno al processo di industrializzazione italiana è tuttavia che, almeno sino agli anni Ottanta del Novecento, il rilievo di tale classe dimensionale e di tale tipologia imprenditoriale sia riconosciuto solo a tratti. La soverchiante presenza di "piccole industrie" era percepita come il segno più evidente di una arretratezza nel tessuto industriale. Ne consegue che nella storia della politica industriale italiana, lo spazio occupato dalla piccola industria è ridicolo, quando non inesistente. All'indomani dell'Unificazione i segnali di politiche proattive di sostegno della piccola impresa sono davvero deboli: prevale l'interesse per le infrastrutture e per i settori pesanti di cui il paese è privo, mentre si preferisce lasciare al livello locale, alla autogestione un minimo supporto all'attività di mera imprenditorialità. Non politica economica per la piccola impresa, dunque, ma politiche locali per le piccole industrie. A inizio anni Venti, alcuni segnali di cambiamento. Nel 1919 nasce un Comitato centrale per la piccola industria, poi l'Ente nazionale per le piccole industrie (Enpi) nel 1925, e, nel 1927, l'Istituto nazionale di credito per le piccole industrie e l'Istituto commerciale italiano per le piccole industrie. Perché tale mutamento di indirizzo? Il censimento industriale del 1911 aveva fatto esplodere l'evidenza del fenomeno. La guerra aveva poi segnalato che la piccola industria non riguardava solo contadini che integravano il proprio reddito, ma una risorsa produttiva, e il dopoguerra ne sottolineava la funzione di ammortizzatore sociale. Né poteva trascurarsi il crescente contributo alla bilancia commerciale delle produzioni che oggi definiremmo del made in Italy. È però interessante notare come la politica economica e industriale verso le imprese minori risentisse della generale ambiguità di atteggiamento del regime e delle politiche economiche della dittatura, a partire dalla rivalutazione di Quota Novanta. Se è vero che dai materiali prodotti dalla Commissione economica dell'Assemblea costituente non emergono indicazioni specifiche relative alle imprese minori, va notato come dalle analisi statistiche e dalle interviste ai principali esponenti dell'industria italiana la forza prorompente dell'industria minore non poteva non emergere con estrema chiarezza. Il ruolo dell'imprenditoria minore, che ribolliva negli anni precedenti il miracolo economico nei territori periferici al triangolo industriale, era d'altronde riconosciuto dai principali partiti di governo e di opposizione. Ancora una volta, però, a prevalere sono le politiche economiche e di sviluppo svolte a livello locale, su base addirittura comunale. Sono gli anni Settanta quando il fiume carsico riemerge. È simbolico quanto accade nel 1979, quando la Confindustria, sino a quel momento silente, mette in cantiere il progetto Cpi (Crescita piccola industria), in cui, preso atto del rilievo incontrovertibile delle pmi negli anni della crisi, si auspica un "rinnovamento della politica industriale" nel senso di una valorizzazione di tutte le componenti del sistema produttivo. Passa però una decina d'anni prima che un provvedimento legislativo di politica economica sia promanato. La legge sui distretti è del 1991 (317/91) e sancisce il riconoscimento non tanto della piccola impresa in sé, quanto di un meta-soggetto (appunto il distretto), costituito da una molteplicità di imprese.