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La sanita' italiana tra pubblico e privato

, di Clara Carbone e Elena Cantu'
Il secondo è più presente nella gestione della lungodegenza, ma non è affatto confinato, come si pensa, alle casistiche più semplici

Il carattere pubblicistico del Servizio sanitario nazionale non è da associare a un'idea di esclusività dell'offerta sanitaria pubblica, quanto piuttosto all'unicità pubblica del governo delle regole e delle relazioni tra i soggetti, siano essi pubblici o privati accreditati. E, infatti, l'offerta privata accreditata rappresenta una fetta importante del Ssn (17% della spesa complessiva) e nel periodo 2002-2008 è aumentata del 33%. Il Cergas, in collaborazione con Assolombarda e Aiop Lombardia, ha avviato un Osservatorio sanità privata per monitorare le tendenze in atto nei segmenti dell'assistenza ospedaliera e territoriale.

Ne emerge che l'offerta di prestazioni sanitarie è prevalentemente pubblica in ambito ospedaliero (il 27% dei posti letto del Ssn sono collocati in ospedali privati accreditati, che erogano il 23% dei ricoveri in regime Ssn) e prevalentemente privata in ambito territoriale (nel periodo 1997-2007 le strutture territoriali semiresidenziali e residenziali private accreditate sono passate rispettivamente dall'8% al 57% e dal 5% e al 73%). Una forte spinta alla presenza del privato nella sanità è venuta anche dalla scarsità di capitali, che si è tradotta nel forte ricorso al project finance. Il tema è rilevante perché nelle operazioni di project finance viene comunemente inserito l'affidamento al partner privato di una pluralità di servizi, da quelli relativi all'opera realizzata (manutenzione), a quelli non core (mensa), dai servizi a tariffazione sull'utenza (parcheggi) fino a quelli funzionali all'attività sanitaria (laboratori, sale operatorie). Benché il peso del privato sia maggiore nei ricoveri per riabilitazione e lungodegenza (64%), rispetto a quelli per acuti (22%), l'impressione di un privato confinato, tranne particolari eccellenze, alle casistiche più semplici si rivela fallace: in molte regioni la quota di ricoveri classificabile come «alta specialità» è addirittura più elevata nel privato. Il mondo della sanità privata è sempre più caratterizzato da fenomeni di concentrazione, con la creazione di grandi gruppi sanitari. Queste aggregazioni derivano dalla volontà di aumentare la presenza sul territorio nazionale, di ampliare il portafoglio di attività e di diversificare le possibili fonti di finanziamento.

Rispetto a questo quadro nazionale, il ruolo del privato varia significativamente da regione a regione, soprattutto per l'attività ospedaliera: gli ospedali privati costituiscono una quota significativa dell'offerta totale di posti letto in Lazio (50%), Calabria (37%), Campania (35%) e Lombardia (32%), mentre rappresentano una porzione molto limitata in Basilicata (5%), Umbria (8%), Friuli (11%), Liguria (12%) e addirittura nulla in Valle d'Aosta. A questo diverso ruolo del privato non corrisponde necessariamente una performance economica migliore o peggiore: non sembra esserci una correlazione dei livelli di spesa per l'assistenza accreditata né con il livello di disavanzo né con il tasso di crescita della spesa complessiva.

Ne deriva che l'aspetto più critico non sia la presenza del privato accreditato, quanto la capacità delle regioni di governare il proprio Ssr. È quindi critico un investimento sui sistemi di accreditamento, sull'utilizzo degli accordi contrattuali come strumento di esercizio di una vera committenza, sul potenziamento dei sistemi di controllo (che non possono limitarsi alle verifiche di tipo amministrativo dei singoli casi, ma devono consentire una valutazione complessiva dei livelli di efficacia e qualità), sul coinvolgimento degli erogatori privati nelle attività regionali di programmazione sanitaria e di definizione di percorsi integrati di diagnosi e cura.